mercoledì 26 giugno 2019

Dall'immagine alla Somiglianza


Il nome di Adamo è quello dell'umanità di tutti i tempi, quello di ciascuno di noi, uomini e donne.
È l'"uomo".
-"Creato" nel sesto giorno della Genesi, "a immagine di Dio", è chiamato a essere "fatto a sua somiglianza"; questo "fare" nettamente distinto dal "creare" è l'opera divino-umana di tutte di tutta la vita, la dinamica della nostra storia personale o collettiva.
Questo Adamo è creato "maschio e femmina"; ciò significa che su un piano animale -quello del sesto giorno- noi siamo biologicamente uomini e donne capaci di riproduzione; ma sul piano dell'uomo che emerge alla sua reale dimensione d'uomo, al di sopra dell'animale, capace di mutazioni per andare verso la "somiglianza" -quello del settimo giorno-, il significato è diverso.
Ogni essere umano è allora "maschio" quando "si ricorda" dell'immenso potenziale di cui è costituito nelle sue profondità; questo potenziale è chiamato la adamah, che è madre delle profondità, il polo "femminile" nel cuore del quale è sigillata segretamente l'immagine divina, seme di ogni essere, che costituisce la propria, unica persona (sebbene paradossalmente e poiché immagine di Dio, ogni essere sia anche l'umanità tutta intera; ogni parte di un tutto ricostruisce questo tutto).
Andare dall'immagine alla somiglianza significa realizzare questo potenziale nello sposalizio maschio-femmina, intendendolo a quel secondo livello che abbiamo detto sopra.
L'albero della conoscenza piantato in mezzo al giardino dell'Eden, non è quello della conoscenza "del bene e del male".
Queste due ultime parole qualificano rispettivamente la luce e la tenebra, cioè, nell' interiorità dell'uomo, la coscienza, e ciò che è ancora non cosciente e che costituisce il potenziale (di cui parlavo sopra).
Questo albero è l'uomo stesso (uomini e donne) nei suoi due lati cosciente e incosciente, relativi ai due rispettivi poli maschile e femminile che l'ebraico chiama: compiuto e incompiuto.
Quando nel secondo capitolo della Genesi, Dio mostra ad Adamo il suo lato (e non la costola) non compiuto, gli fa scoprire quella sua parte "femminile", con la quale fino a quel momento era totalmente confuso - è il primo "processo di differenziazione" caro a Jung - perché egli la sposi.
Questo suo lato è carico del seme divino chiamato dalla tradizione il NOME.
Ciascuno di noi è in seminato nel suo NOME segreto.
Questo seme è il bambino divino che dobbiamo far crescere nel corso delle nozze interiori che sono ancora l'avventura di un'immensa gestazione.
Il femminile interiore ad ogni essere e gravido del seme divino costituisce quel nostro lato in cui, all'inizio, siamo del tutto incoscienti perché siamo altrettanto totalmente confusi con esso.
Questo nostro inconscio guida la danza della vita finché all'improvviso... appare la luce d'un gioco nuovo!
E la vita reale comincia; essa è la storia del nostro compimento.
Il dramma, detto della "caduta" trascina l'uomo a dimenticare la vocazione a sponsali interiori e dunque a far nascere se stesso ad altri livelli di coscienza; lo trascina a normalizzare il suo stato di incoscienza in un identificazione quasi totale alla sua situazione animale del sesto giorno della Genesi.
Tale stato di incoscienza genere allora la schiavitù interiore dell'uomo.
L'ebreo, prototipo dell'umanità, sarà chiamato a vivere concretamente questa situazione in un'esperienza storica di estrema schiavitù in Egitto.
L'ebreo simboleggia in noi colui nel quale si apre uno spazio di coscienza via via più ampio attraverso mutazioni successive, mentre l'egiziano rappresenta colui che resta bloccato dalle forze di schiavitù interiore e chi si oppone ad ogni crescita di coscienza.
Ogni situazione esteriore è rivelatrice di uno stato interiore
Tratto da "L'Egitto interiore" Annick de Souzenelle

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