Il tamburo è lo strumento più potente dello sciamano, rappresentazione dell'universo in modo specifico, è innegabilmente un discendente del bronzeo tamburo lilissu del Kalû, il sacerdote mesopotamico addetto alla musica e ministro del dio Enki/Ea.
Il "coperchio" del lilissu deve esser fatto con la pelle di un toro nero che, secondo Thureau-Dangin, "rappresenta il Toro celeste".
Albright e Dumont hanno paragonato il sacrifico del toro mesopotamico, la cui pelle doveva ricoprire il tamburo lilissu, con l'aśvamedha indiano, in colossale sacrificio del cavallo che solo il prestigioso dei re poteva permettersi.
Hanno scoperto infatti che il cavallo doveva avere le Krttikā (le Pleiadi) sulla fronte: nel testo accadico la medesima cosa era prescritta, secondo Albright, per il toro.
Nel testo di Thureau-Dangin invece se il toro nero ha sette ciuffi di peli bianchi a forma di stella (kakkabi: kakkab significa stella e si riferisce perlopiù - in mancanza di un altro nome specifico di costellazione - alle Pleiadi, come accade per mulmul nei testi sumerici), allora non deve venire preso.
Le innumerevoli figure a carattere decisamente astronomico rinvenute sui tamburi sciamanici, potrebbero benissimo indicare conoscenze assai più profonde di quanto non presuppongano gli etnologi.
I tamburi mitici cinesi vengono descritti in "Oceano di Storie" (Ocean of Stories è il titolo di una celebre traduzione di Tawney della vastissima raccolta di novelle indiane Kathāsaritsāgara):
"Nel Mare Orientale si trova un animale che somiglia a un bue.
È verde d'aspetto e privo di corna.
Ha un piede solo.
Quando entra nell'acqua o ne esce, provoca vento o pioggia.
Il suo splendore è simile a quello del sole e della luna; il rumore che fa è simile al tuono.
Il suo nome è Kui.
Il grande Huang-di lo catturò e fece un tamburo con la sua pelle".
Anche nel vasto e complesso mito della creazione dei Mandingo vi son due tamburi.
Il primo venne portato dal cielo dall'antenato bardico, poco dopo che l'Arca (con gli otto antenati-gemelli) approdata al campo primordiale.
Questo tamburo era stato ricavato dal cranio di Faro ed era usato per produrre la pioggia.
Venne costruito il primo santuario a all'umanità fu rivelata la "Prima Parola" per bocca di uno degli antenati gemelli, il quale parlò tutta la notte cessando solo quando cose il sole e Sirio sorgere contemporaneamente.
....decise di sacrificare nel santuario sulla collina i primi gemelli si sesso opposto.
Chiese al bardo di fare un tamburo da braccio con la pelle dei gemelli.
L'albero dal qual è venne foggiato il tamburo cresceva sulla collina e simboleggiava l'unica gamba di Faro.
Il Kui cinese non è quindi un personaggio isolato.
Il mito cinese è più esplicito degli altri e diventa più comprensibile perché i Cinesi erano attentissimi alle cose del cielo.
Tratto da "Il mulino di Amleto" di de Santillana e von Dechend
Il "coperchio" del lilissu deve esser fatto con la pelle di un toro nero che, secondo Thureau-Dangin, "rappresenta il Toro celeste".
Albright e Dumont hanno paragonato il sacrifico del toro mesopotamico, la cui pelle doveva ricoprire il tamburo lilissu, con l'aśvamedha indiano, in colossale sacrificio del cavallo che solo il prestigioso dei re poteva permettersi.
Hanno scoperto infatti che il cavallo doveva avere le Krttikā (le Pleiadi) sulla fronte: nel testo accadico la medesima cosa era prescritta, secondo Albright, per il toro.
Nel testo di Thureau-Dangin invece se il toro nero ha sette ciuffi di peli bianchi a forma di stella (kakkabi: kakkab significa stella e si riferisce perlopiù - in mancanza di un altro nome specifico di costellazione - alle Pleiadi, come accade per mulmul nei testi sumerici), allora non deve venire preso.
Le innumerevoli figure a carattere decisamente astronomico rinvenute sui tamburi sciamanici, potrebbero benissimo indicare conoscenze assai più profonde di quanto non presuppongano gli etnologi.
I tamburi mitici cinesi vengono descritti in "Oceano di Storie" (Ocean of Stories è il titolo di una celebre traduzione di Tawney della vastissima raccolta di novelle indiane Kathāsaritsāgara):
"Nel Mare Orientale si trova un animale che somiglia a un bue.
È verde d'aspetto e privo di corna.
Ha un piede solo.
Quando entra nell'acqua o ne esce, provoca vento o pioggia.
Il suo splendore è simile a quello del sole e della luna; il rumore che fa è simile al tuono.
Il suo nome è Kui.
Il grande Huang-di lo catturò e fece un tamburo con la sua pelle".
Anche nel vasto e complesso mito della creazione dei Mandingo vi son due tamburi.
Il primo venne portato dal cielo dall'antenato bardico, poco dopo che l'Arca (con gli otto antenati-gemelli) approdata al campo primordiale.
Questo tamburo era stato ricavato dal cranio di Faro ed era usato per produrre la pioggia.
Venne costruito il primo santuario a all'umanità fu rivelata la "Prima Parola" per bocca di uno degli antenati gemelli, il quale parlò tutta la notte cessando solo quando cose il sole e Sirio sorgere contemporaneamente.
....decise di sacrificare nel santuario sulla collina i primi gemelli si sesso opposto.
Chiese al bardo di fare un tamburo da braccio con la pelle dei gemelli.
L'albero dal qual è venne foggiato il tamburo cresceva sulla collina e simboleggiava l'unica gamba di Faro.
Il Kui cinese non è quindi un personaggio isolato.
Il mito cinese è più esplicito degli altri e diventa più comprensibile perché i Cinesi erano attentissimi alle cose del cielo.
Tratto da "Il mulino di Amleto" di de Santillana e von Dechend
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