Il Vedanta non è una filosofia, né una religione, né qualcosa che partecipa più o meno dell'una e dell'altra.
Nel Vedanta bisogna scorgervi una dottrina puramente metafisica, aperta su possibilità di concezioni veramente illimitate e che, come tale, non potrebbe affatto racchiudersi nei limiti più o meno angusti di un qualunque sistema.
La metafisica pura è interamente libera da ogni relatività, da tutte le contingenze filosofiche o altre, appunto perché la metafisica è essenzialmente la conoscenza dell'Universale, ed una tale conoscenza non potrebbe lasciarsi racchiudere in una qualunque forma, per quanto vasta.
Le diverse concezioni metafisiche e cosmologiche dell'India non sono dottrine differenti ma soltanto sviluppi secondo certi punti di vista e direzioni varie, ma per nulla incompatibili, di una sola dottrina.
La dottrina unica alla quale facciamo allusione costituisce essenzialmente il Veda, vale a dire la Scienza sacra e tradizionale per eccellenza, poiché tale è esattamente il senso proprio di questo vocabolo [la radice vid, da cui derivano Veda e vidya, significa nello stesso tempo "vedere" (in latino videre) e "sapere" (come in greco οεδα): la vista è rilevata come il simbolo della conoscenza di cui è il principale strumento nell'ordine sensibile; questo simbolismo è trasporto fin nell'ordine intellettuale puro, dove la conoscenza è paragonata ad una "vista interiore"].
La tradizione nella sua integralità, forma un insieme perfettamente coerente, poiché tutti i punti di vista che comporta possono essere considerati tanto simultaneamente quanto successivamente.
Se l'esposizione può, secondo le epoche, modificarsi fino ad un certo punto nella sua forma esteriore per adattarsi alle circostanze, il fondo resta sempre rigorosamente lo stesso, e queste modificazioni esteriori non alterano, né cambiano affatto l'essenza della dottrina.
Per la metafisica e tutto ciò che ne deriva più o meno direttamente, l'eterodossia di una concezione è in fondo, la sua falsità, risultante dal suo disaccordo con i principi essenziali; giacché questi sono contenuti nel Veda, ne consegue che l'accordo col Veda è l'unico criterio dell'ortodossia.
L'eterodossia comincia là dove comincia la contraddizione volontaria o involontaria col Veda....La tradizione ha per effetto di limitare la portata degli errori individuali...
Tratto da "L'uomo e il suo divenire secondo il Vedanta" di R. Guénon
Nel Vedanta bisogna scorgervi una dottrina puramente metafisica, aperta su possibilità di concezioni veramente illimitate e che, come tale, non potrebbe affatto racchiudersi nei limiti più o meno angusti di un qualunque sistema.
La metafisica pura è interamente libera da ogni relatività, da tutte le contingenze filosofiche o altre, appunto perché la metafisica è essenzialmente la conoscenza dell'Universale, ed una tale conoscenza non potrebbe lasciarsi racchiudere in una qualunque forma, per quanto vasta.
Le diverse concezioni metafisiche e cosmologiche dell'India non sono dottrine differenti ma soltanto sviluppi secondo certi punti di vista e direzioni varie, ma per nulla incompatibili, di una sola dottrina.
La dottrina unica alla quale facciamo allusione costituisce essenzialmente il Veda, vale a dire la Scienza sacra e tradizionale per eccellenza, poiché tale è esattamente il senso proprio di questo vocabolo [la radice vid, da cui derivano Veda e vidya, significa nello stesso tempo "vedere" (in latino videre) e "sapere" (come in greco οεδα): la vista è rilevata come il simbolo della conoscenza di cui è il principale strumento nell'ordine sensibile; questo simbolismo è trasporto fin nell'ordine intellettuale puro, dove la conoscenza è paragonata ad una "vista interiore"].
La tradizione nella sua integralità, forma un insieme perfettamente coerente, poiché tutti i punti di vista che comporta possono essere considerati tanto simultaneamente quanto successivamente.
Se l'esposizione può, secondo le epoche, modificarsi fino ad un certo punto nella sua forma esteriore per adattarsi alle circostanze, il fondo resta sempre rigorosamente lo stesso, e queste modificazioni esteriori non alterano, né cambiano affatto l'essenza della dottrina.
Per la metafisica e tutto ciò che ne deriva più o meno direttamente, l'eterodossia di una concezione è in fondo, la sua falsità, risultante dal suo disaccordo con i principi essenziali; giacché questi sono contenuti nel Veda, ne consegue che l'accordo col Veda è l'unico criterio dell'ortodossia.
L'eterodossia comincia là dove comincia la contraddizione volontaria o involontaria col Veda....La tradizione ha per effetto di limitare la portata degli errori individuali...
Tratto da "L'uomo e il suo divenire secondo il Vedanta" di R. Guénon
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