martedì 19 giugno 2018

Il Buddhi


Il primo grado della manifestazione d'Atma è l'intelletto superiore (Buddhi) anche chiamato Mahat o il "grande principio": la prima di tutte le produzioni di Prakriti.
Questo principio è ancora d'ordine universale, poiché è informale; tuttavia, non bisogna dimenticare che già appartiene alla manifestazione; infatti ogni manifestazione, in qualunque grado la si considera, presuppone necessariamente questi due termini correlativi e complementari, Purusha e Prakriti, l'"essenza" e la "sostanza".
Buddhi è di là dal dominio, non soltanto dell'individualità umana, ma di ogni stato individuale; essa non è dunque mai individualizzata e non è che allo stadio seguente che noi troveremo l'individualità effettuata con la coscienza particolare (o meglio "particolarista") dell'"io".
Buddhi, considerata in rapporto all'individualità umana ne è dunque il principio immediato, ma trascendente essa è contemporaneamente l'espressione della personalità nella manifestazione, dunque ciò che unifica l'essere attraverso la molteplicità indefinita dei suoi stati individuali.
Se si considera il "Sé" (Atma) o la personalità come Sole spirituale che brilla al centro dell'essere totale, Buddhi sarà il raggio direttamente emanato da questo Sole ed illuminante nella sua integralità.
Si deve considerare il centro di ogni stato, nel quale si proietta questo raggio spirituale come identificato virtualmente col centro dell'essere totale, qualunque stato, tanto l'umano tanto gli altri, può essere la base per realizzare l'"Identità Suprema".
Buddhi può essere considerata in rapporto alla personalità (Atma) ed all'"anima vivente" (jivatma), quest'ultima non essendo che il riflesso della personalità nello stato individuale umano, riflesso che non potrebbe esistere senza l'intermediario di Buddhi: il raggio che determina la formazione dell'immagine e che, contemporaneamente, la ricollega alla sorgente luminosa.
È proprio in virtù del duplice rapporto indicato, e di questa parte d'intermediario fra le personalità e l'individualità che si può considerare l' intelletto come passante in un certo senso dallo stato di potenza universale allo stato individualizzato.
L' intelletto non cessa veramente di essere quello che era; la sua apparente individualizzazione non esiste che per il fatto della sua intersezione col dominio speciale di certe condizioni d'esistenza, dalle quali è definita l'individualità considerata; esso produce allora, come risultante di questa intersezione, la coscienza individuale (ahankara), implicita nell'"anima vivente" (jivatma), alla quale è inerente.
Questa coscienza, che è il terzo principio del Sankhya, dà la nascita alla nozione dell'"io", poiché ha per funzione propria di prescrivere la convinzione individuale (abhimana), vale a dire precisamente la nozione dell'"io sono" in rapporto agli oggetti esterni (bahya) ed interni (abhyantara), rispettivamente oggetti di percezione (pratyaksha) e di contemplazione (dhyana); l'insieme di questi oggetti è designato con la parola idam, "questo", quando è così concepito in opposizione con aham o l'"io".
Così la coscienza individuale procede immediatamente dal principio intellettuale e a sua volta produce gli altri principi o elementi speciali dell'individualità umana.
Tratto da "L'uomo e il suo divenire secondo il Vedanta" di R. Guénon

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