martedì 29 maggio 2018

Potenzialità e possibilità


Il "Sé" è essenzialmente incondizionato; è immutabile nella sua "permanente attualità", perciò non è affatto potenziale.
È bene avere cura di distinguere "potenzialità" e "possibilità": la prima indica l'attitudine per un certo sviluppo e presuppone una possibile "attualizzazione", può dunque riferirsi solamente al "divenire" o alla manifestazione; invece, le possibilità, considerate nello stato principiale e non-manifestato, che esclude ogni "divenire", non potrebbero affatto essere riguardate come potenziali.
Soltanto per l'individuo, le possibilità che l'oltrepassano appaiono potenziali, appunto perché, fin da quando si considera in modo "separativo", come se avesse in sé il suo proprio essere, ciò che può raggiungere è propriamente un riflesso (abhasa), e non queste possibilità stesse; ....queste possibilità restano sempre potenziali per l'individuo; finché si è tale, infatti, non le si può raggiungere e, quando esse sono realizzate, non vi è più veramente l'individualità...
È bene ormai porci di là dal punto di vista individuale, al quale, anche considerandolo illusorio, non disconosciamo la realtà di cui è suscettibile nel suo ordine; quand'anche noi consideriamo l'individuo, è sempre per scorgerlo essenzialmente dipendente dal Principio, unico fondamento di questa realtà, ed in quanto si integra, virtualmente o effettivamente, all'essere totale; metafisicamente, tutto deve in definitiva riferirsi al Principio, che è il "Sé".
Al punto di vista fisico, quello che risiede nel centro vitale è l'Etere; al punto di vista psichico, è l'"anima"vivente"; fin qui non oltrepassiamo il dominio della possibilità individuali; ma anche e soprattutto, al punto di vista metafisico, quel che risiede nel centro vitale è il "Sé" principiale ed incondizionato.
È dunque veramente lo "Spirito Universale" (Atma), che è in realtà Brahma stesso, il "Supremo Ordinatore"; così è pienamente giustificato di qualificare questo centro come Brahma-pura.
Ora Brahma, inteso in tal modo nell'uomo è chiamato Purusha, perché riposa o risiede nell'individualità integrale, non semplicemente nell'individualità ristretta alla sua modalità corporea....
"Bisogna ricercare il luogo (simbolizzante uno stato) da cui non è più possibile un ritorno (alla manifestazione), e rifugiarsi nel Purusha primordiale donde è venuto l'impulso originale (della manifestazione universale)... questo luogo, né il sole, né la luna, né il fuoco lo rischiara; là è il mio soggiorno supremo" [Bhagavad-Gita, XV, 4 e 6].
Si può scorgere una similitudine con la descrizione della "Gerusalemme Celeste" nell'Apocalisse, XXI, 23; "E questa città non ha bisogno di essere rischiarata dal sole né dalla luna, poiché l'illumina la gloria di Dio e l'Agnello e il suo luminare".
Gerusalemme Celeste e città di Brahma hanno una relazione che unisce l'"Agnello" del simbolismo cristiano all'Agni vedico...notiamo nello stesso riguardo che il veicolo di Agni è un ariete.
Purusha è rappresentato con una luce (jyotis), perché la luce simbolizza la Conoscenza, ed esso è la sorgente di ogni altra luce, che in fondo è il suo riflesso..
Nella luce di questa Conoscenza, tutte le cose sono in perfetta simultaneità, poi che, non può esservi che un "eterno presente"...
Tratto da "L'uomo e il suo divenire secondo il Vedanta" di R. Guénon

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