La psicologia dell'inconscio come ramo della medicina è in definitiva un derivato di quella concezione riguardo alla scienze naturali che si manifestò in lungo tempo nell'alchimia.
Interessandoci all'alchimia ci richiamiamo alle radici della nostra concezione delle "scienze dello spirito".
Quel fattore sconosciuto, vitale, che gli alchimisti ipotizzavano era inerente alla vitalità della materia che oggi definiamo con un concetto approssimativo di inconscio.
Non è escluso che si tratti della stessa realtà che, considerata dall'interno e dall'esterno, si lascia descrivere in modo complementare dalla fisica e dalla psicologia del profondo.
Già nei più antichi testi alchimistici a noi sinora noti emerge il pensiero che la nascita del lapis philosophorum rappresenti un processo parallelo alla nascita del mondo.
Alcune tracce di analogia tra lavorazione dei metalli e creazione del mondo risalgono addirittura al patrimonio culturale babilonese.
La stessa analogia emerge nei documenti greci del III secolo d.C. ed è espressa chiaramente in completo parallelismo con i cosiddetti scritti ermetici, composti quando nello stesso tempo.
Nel Corpus hermeticum, 8.5, l'uomo sarebbe stato generato, nato a immagine e del mondo, e più avanti è detto che il cosmo sarebbe figlio di Dio e l'uomo un nipote di Dio: tutti sarebbero creati secondo la stessa immagine.
"Ermes definisce L' uomo un microcosmo poiché l'uomo ha tutto ciò che possiede il cosmo....
Il macrocosmo ha soffi d'aria che crescono sino a divenire venti, l'uomo respira. Il macrocosmo ha sole e luna, l'uomo ha due occhi: l'occhio destro si pone in analogia al sole, il sinistro alla luna...."
Il parallelismo stesso non è solo un'idea, bensì anche una sostanza, cioè l'"uomo" quale materia utilizzabile nell'opus alchimisti.
Questo sembra essere direttamente l'uomo cosmico, ad esempio l'alchimista, bensì una "materia", che è anche in qualche modo uomo.
L'uomo è una copia del cosmo, ma non esiste solo un'analogia, anzi il parallelismo stesso è qualcosa di concreto, è, per così dire, una sostanza, cioè la terra del cosmo, la materia primordiale.
Questa materia primordiale è contrassegnata da opposti: maschile-femminile o crisocolla-argento e così via.
Questa analogia, vista come sostanza, è esistita in modo latente, come l' "uomo luminoso", in ogni essere umano.
L'elaborazione della propria disposizione psichica sarebbe di importanza essenziale per l'opus; getta una nuova luce riguardo la separazione di corpo e anima, indicando che questa separazione è da intendere anche in senso interiore, dunque microcosmico, come mortificazione mistica e perdita dello spirito, come mors voluntaria.
Dio creò il cosmo a sua immagine, e l'uomo creò il lapis secondo lo stesso modello, l'immagine di Dio, che porta in sé.
Il parallelismo non è solo concettuale, ma sostanziale: sussiste invero nell'immagine dell'Anthropos, l'uomo luminoso, l'uovo...
L'opus è il luogo in cui l'uomo ha una certa libertà e dove, perciò, risiede le relazione forse più intima tra la chimica e l'Io dell'uomo empirico.
L'uomo potrebbe pervenire, attraverso la presa di coscienza della propria essenza corporea, al segreto della sostanza.
Tale conoscenza non viene "dall'esterno" bensì attraverso l'introspezione meditativa, per così dire attraverso l'immersione nelle percezioni spirituali endosomatiche.
Quel che gli alchimisti descrivono come immagine di Dio, uovo, uomo primordiale di luce e stadio dell'inizio e della fine, corrisponde esattamente al nostro inconscio collettivo dimostrabile sperimentalmente, simboleggiato esattamente nei sogni degli uomini moderni.
L'inconscio non sembra consistere dunque d'una caotica raccolta di "nuclei" archetipici, ma allude piuttosto a una strutturazione, che si cristallizza intorno a un centro, denominato da Jung Sé.
Il Sé è dimostrabile nella psiche inconscia dell' uomo come il fattore attivo di massima energia.
"Esso è creato da Dio". "E tu sei la prima materia".
L'individuo umano è il punto di partenza di quelle esperienze che conducono il Sé a divenire conscio: "Viene estratto da te".
"E dovunque tu sia, rimarrà inseparabile da te": chi prenda coscienza di un tale contenuto tramite l'esperienza vissuta, s'unirà per sempre con l'Io impersonale.
È un'esperienza trasformatrice, inalienabile per l'uomo.
Tratto da "Psiche e materia" di Marie Louise von Franz
Interessandoci all'alchimia ci richiamiamo alle radici della nostra concezione delle "scienze dello spirito".
Quel fattore sconosciuto, vitale, che gli alchimisti ipotizzavano era inerente alla vitalità della materia che oggi definiamo con un concetto approssimativo di inconscio.
Non è escluso che si tratti della stessa realtà che, considerata dall'interno e dall'esterno, si lascia descrivere in modo complementare dalla fisica e dalla psicologia del profondo.
Già nei più antichi testi alchimistici a noi sinora noti emerge il pensiero che la nascita del lapis philosophorum rappresenti un processo parallelo alla nascita del mondo.
Alcune tracce di analogia tra lavorazione dei metalli e creazione del mondo risalgono addirittura al patrimonio culturale babilonese.
La stessa analogia emerge nei documenti greci del III secolo d.C. ed è espressa chiaramente in completo parallelismo con i cosiddetti scritti ermetici, composti quando nello stesso tempo.
Nel Corpus hermeticum, 8.5, l'uomo sarebbe stato generato, nato a immagine e del mondo, e più avanti è detto che il cosmo sarebbe figlio di Dio e l'uomo un nipote di Dio: tutti sarebbero creati secondo la stessa immagine.
"Ermes definisce L' uomo un microcosmo poiché l'uomo ha tutto ciò che possiede il cosmo....
Il macrocosmo ha soffi d'aria che crescono sino a divenire venti, l'uomo respira. Il macrocosmo ha sole e luna, l'uomo ha due occhi: l'occhio destro si pone in analogia al sole, il sinistro alla luna...."
Il parallelismo stesso non è solo un'idea, bensì anche una sostanza, cioè l'"uomo" quale materia utilizzabile nell'opus alchimisti.
Questo sembra essere direttamente l'uomo cosmico, ad esempio l'alchimista, bensì una "materia", che è anche in qualche modo uomo.
L'uomo è una copia del cosmo, ma non esiste solo un'analogia, anzi il parallelismo stesso è qualcosa di concreto, è, per così dire, una sostanza, cioè la terra del cosmo, la materia primordiale.
Questa materia primordiale è contrassegnata da opposti: maschile-femminile o crisocolla-argento e così via.
Questa analogia, vista come sostanza, è esistita in modo latente, come l' "uomo luminoso", in ogni essere umano.
L'elaborazione della propria disposizione psichica sarebbe di importanza essenziale per l'opus; getta una nuova luce riguardo la separazione di corpo e anima, indicando che questa separazione è da intendere anche in senso interiore, dunque microcosmico, come mortificazione mistica e perdita dello spirito, come mors voluntaria.
Dio creò il cosmo a sua immagine, e l'uomo creò il lapis secondo lo stesso modello, l'immagine di Dio, che porta in sé.
Il parallelismo non è solo concettuale, ma sostanziale: sussiste invero nell'immagine dell'Anthropos, l'uomo luminoso, l'uovo...
L'opus è il luogo in cui l'uomo ha una certa libertà e dove, perciò, risiede le relazione forse più intima tra la chimica e l'Io dell'uomo empirico.
L'uomo potrebbe pervenire, attraverso la presa di coscienza della propria essenza corporea, al segreto della sostanza.
Tale conoscenza non viene "dall'esterno" bensì attraverso l'introspezione meditativa, per così dire attraverso l'immersione nelle percezioni spirituali endosomatiche.
Quel che gli alchimisti descrivono come immagine di Dio, uovo, uomo primordiale di luce e stadio dell'inizio e della fine, corrisponde esattamente al nostro inconscio collettivo dimostrabile sperimentalmente, simboleggiato esattamente nei sogni degli uomini moderni.
L'inconscio non sembra consistere dunque d'una caotica raccolta di "nuclei" archetipici, ma allude piuttosto a una strutturazione, che si cristallizza intorno a un centro, denominato da Jung Sé.
Il Sé è dimostrabile nella psiche inconscia dell' uomo come il fattore attivo di massima energia.
"Esso è creato da Dio". "E tu sei la prima materia".
L'individuo umano è il punto di partenza di quelle esperienze che conducono il Sé a divenire conscio: "Viene estratto da te".
"E dovunque tu sia, rimarrà inseparabile da te": chi prenda coscienza di un tale contenuto tramite l'esperienza vissuta, s'unirà per sempre con l'Io impersonale.
È un'esperienza trasformatrice, inalienabile per l'uomo.
Tratto da "Psiche e materia" di Marie Louise von Franz
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