Jung paragona il fenomeno psichico nell'essere umano a uno spettro di luce che racchiude tutti i colori dell'arcobaleno.
All'estremo infrarosso dello spettro i fenomeni psichici si trasformano a poco a poco in fenomeni fisici, a questo polo si situa anche il fenomeno dell'istinto che sembra strettamente legato alla nostra struttura corporea, poiché le nostre reazioni istintuali, perlopiù, si esprimono attraverso reazioni fisiche immediate.
Al polo opposto, all'estremo ultravioletto, Jung colloca il mondo degli archetipi, di per sé misterioso e sconosciuto come la chimica del corpo nella sua configurazione ultima.
Situando gli archetipi a questo polo, egli li considera fattori psicoidi, poiché esistono indizi secondo i quali l'archetipo non sarebbe soltanto psichico, nel senso stretto del termine, ma trascenderebbe per alcuni dei suoi aspetti il campo che noi definiamo psichico (cioè a volte è un fenomeno autonomo).
L'archetipo appare in alcune situazioni (sincronicità) in grado di manifestarsi in connessione ai fatti materiali esterni.
La natura psicoide dell'archetipo ci pone un grande problema poiché ignoriamo completamente la connessione fra le due sfere, quella della psiche e quella della materia.
Possiamo soltanto dire che gli archetipi tendono ad apparire non solo nell'essere umano sottoforma di fenomeni psichici, ma anche conteporaneamente, nel mondo materiale sottoforma di fatti fisici.
Ogni nostra funzione psichica ha, secondo questi termini di paragone, un polo infrarosso che è il suo aspetto inferiore e sfocia nel processo psicosomatico, e un polo ultravioletto superiore che penetra più o meno nel campo della coscienza.
Prendiamo come esempio l'amore: il suo polo fisico i inferiore corrisponde alle pulsioni sessuali e il suo polo superiore al sentimento e a tutte le fantasie che normalmente hanno le persone innamorate.
Quando ci si avvicina al polo spirituale, si sperimentano immagini archetipiche, l'emozione e il significato che vi sono connessi, così ci si sente arricchiti da rappresentazioni interiori; quando ci si avvicina al polo opposto, si è spinti all'azione, all'attività istintuale, ad agire al livello della realtà fisica.
Potremmo paragonare l'Io umano a un raggio luminoso che si sposta lungo lo spettro, illuminando di più ora un estremo ora l'altro e restando talvolta nel mezzo.
Esiste una natura del fattore regolatore che obbliga qualcuno a restare più vicino a questo o a quell'altro polo, questa natura appartiene ai misteri del processo di individuazione.
Ciascun individuo porta in sé una certa struttura, e non gli è permesso di trasgredire la sua legge interiore.
All'estremo infrarosso dello spettro i fenomeni psichici si trasformano a poco a poco in fenomeni fisici, a questo polo si situa anche il fenomeno dell'istinto che sembra strettamente legato alla nostra struttura corporea, poiché le nostre reazioni istintuali, perlopiù, si esprimono attraverso reazioni fisiche immediate.
Al polo opposto, all'estremo ultravioletto, Jung colloca il mondo degli archetipi, di per sé misterioso e sconosciuto come la chimica del corpo nella sua configurazione ultima.
Situando gli archetipi a questo polo, egli li considera fattori psicoidi, poiché esistono indizi secondo i quali l'archetipo non sarebbe soltanto psichico, nel senso stretto del termine, ma trascenderebbe per alcuni dei suoi aspetti il campo che noi definiamo psichico (cioè a volte è un fenomeno autonomo).
L'archetipo appare in alcune situazioni (sincronicità) in grado di manifestarsi in connessione ai fatti materiali esterni.
La natura psicoide dell'archetipo ci pone un grande problema poiché ignoriamo completamente la connessione fra le due sfere, quella della psiche e quella della materia.
Possiamo soltanto dire che gli archetipi tendono ad apparire non solo nell'essere umano sottoforma di fenomeni psichici, ma anche conteporaneamente, nel mondo materiale sottoforma di fatti fisici.
Ogni nostra funzione psichica ha, secondo questi termini di paragone, un polo infrarosso che è il suo aspetto inferiore e sfocia nel processo psicosomatico, e un polo ultravioletto superiore che penetra più o meno nel campo della coscienza.
Prendiamo come esempio l'amore: il suo polo fisico i inferiore corrisponde alle pulsioni sessuali e il suo polo superiore al sentimento e a tutte le fantasie che normalmente hanno le persone innamorate.
Quando ci si avvicina al polo spirituale, si sperimentano immagini archetipiche, l'emozione e il significato che vi sono connessi, così ci si sente arricchiti da rappresentazioni interiori; quando ci si avvicina al polo opposto, si è spinti all'azione, all'attività istintuale, ad agire al livello della realtà fisica.
Potremmo paragonare l'Io umano a un raggio luminoso che si sposta lungo lo spettro, illuminando di più ora un estremo ora l'altro e restando talvolta nel mezzo.
Esiste una natura del fattore regolatore che obbliga qualcuno a restare più vicino a questo o a quell'altro polo, questa natura appartiene ai misteri del processo di individuazione.
Ciascun individuo porta in sé una certa struttura, e non gli è permesso di trasgredire la sua legge interiore.
Tratto da "I miti di creazione" di Marie-Louise von Franz
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