lunedì 4 novembre 2019

La falsa "opera al bianco"


L'abito di luce non può che bruciare colui che non è divenuto luce.
Questo è il processo della falsa "opera al bianco".
Non mediteremo mai abbastanza su questa grandiosa tentazione di potere, uno dei tre tentacoli dell'idra -śatan, opera nera per rifiuto dell' "opera al nero".
E molte opere nere hanno l'apparenza del bianco.
Ma quando l'"opera al nero" viene elusa, la tunica brucia prima o poi chi l'ha rubata.
Ogni potenza acquisita per magia (scoramento dei misteri fuori dal NOME) è del śatan - opera di indiscrezione di colui che getta uno sguardo sul mistero che egli non è divenuto, e che va a diffonderlo all'esterno.
La magia non è che uno degli aspetti dei rapporti di forza dell'uomo e del cosmo.
Essa usa dei mezzi segreti che esigono il rinnovo dell'atto di Adamo che apre il suo nucleo prima del tempo.
Lungi da far uscire l'uomo dalla sua condizione di tunica di pelle, la magia ve lo imprigiona ulteriormente.
Essa non ha niente a che vedere con l'arte dei Magi, sacerdoti e uomini di scienza dell'antichità che formavano primitivamente la casta sacerdotale dei Medi.
In ciò consiste l'insidioso pericolo presentato da tutte le tecniche che pretendono di condurre all'"opera al bianco", quando non sono insegnate da maestri capaci di risvegliare nei loro discepoli la coscienza della totalità dell'"opera".
L'occidente è tanto più tentato da questo "falso bianco" in quanto è stato rinchiuso per secoli in una costruzione morale molto poco esaltante.
Ha cercato un compenso, finendo nella trappola inaridente di un attivismo intellettuale ad oltranza, che conduce all'attuale impasse.
Per reazione rischia fortemente di cadere nella trappola contraria di una mistica ad ogni costo.
Ciò viene diffusamente sollecitato con esperienze di ogni genere, praticate oggi senza discernimento, dalle tecniche che appaiono le più sagge fino ai viaggi artificiali più folli.
Via arida e via umida sono entrambe vissute come compensazione d'una tradizione rifiutata, perché infantilizzante e totalmente insufficiente per la nuova esigenza di un'umanità che affronti il mostro divoratore della "porta degli uomini".
L'uomo deve ritrovare la tradizione e, in essa, un'altra dimensione del suo messaggio.
Solo se vivrà questo messaggio, la tradizione gli affiderà il resto dei suoi tesori, e l'uomo comincerà a vivere la propria incarnazione autentica.
Tratto da "Il simbolismo del corpo umano" di Annick de Souzenelle

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