mercoledì 20 febbraio 2019

Artemide


Probabilmente alla stregua di Afrodite, Artemide aveva origini asiatiche, in ogni caso il suo nome non è di origine greca. Incarnazione della natura incontaminata, delle valli solitarie e delle alture remote, era la regina incontrastata di una miriade di vite che germogliavano, crescevano, si agitavano, si cercavano, si distruggevano e si generavano.
L'essenza divina di Artemide, avvolta nel mistero, non agiva sulla coscienza dell'uomo ma piuttosto si manifestava nella purezza della natura incontaminata.
Ella simboleggiava la natura estiva vibrante di luce, non per nulla si diceva che assieme a suo fratello Apollo, con l'avvento dell'autunno, emigrasse nel paese degli Iperborei, i mitici popoli che vivevano in perfetta armonia e letizia nell'estremo nord della Terra abitabile, per far ritorno l'estate successiva.
Similmente ad Apollo, la dea lunare era sinonimo di lontananza e di purezza con alcune differenze dovute al sesso della delle due divinità; infatti mentre in Apollo il distacco e la purezza si originavano tramite un atto virile veicolato dalla volontà cosciente, per Artemide il raggiungimento degli ideali avveniva in virtù della sua natura femminile.
Vergine, lunare rimase sempre casta come si legge in un inno omerico dedicato ad Afrodite: "Artemide pure, la rumorosa dea del fuso d'oro, mai cedette all'amore di Afrodite, fal dolce sorriso".
Artemide era ritrosa, come la natura, tanto che Atteone, quando decise di spiarla mentre si bagnava nelle acque fu sbranato dai propri cani.
La selva sconfinata era il suo regno.
Qui la dea cacciava in compagnia delle Ninfe con le quali intrecciava danze sui prati fioriti.
Essendo dea della natura, Artemide era particolarmente vicino agli animali, sia come colei che li cura, sia anche come colei che li caccia.
È quanto emerge dalle parole di Omero: "Aspra agitatrice di belve".
Ecco perché spesso veniva raffigurata con i leoni, ma anche con l'orso e il cervo che erano sacri ad Artemide.
Nella sua qualità di cacciatrice il simbolo a lei attribuito era l'arco, che utilizzava per prendere le sue prede anche di notte sul monte.
Su molte raffigurazioni la dea reggeva in mano una fiaccola a volte due.
Inoltre Artemide racchiudeva valenze crudeli così come la natura presenta un lato feroce oscuro, basti pensare ai sacrifici umani che anticamente erano officiati in suo nome.
Artemide gemella di Apollo, il Sole, era soprannominata pure "colei che brilla di notte", alludendo alla sua natura lunare contrapposta a quella solare del fratello.
L'iconografia che la riguardava la ritraeva in abito da cacciatrice, con il capo ornato dalla falce della Luna, accompagnata da un levriero e da un cervo.
Tra i romani venne identificata con la dea Italica Diana, dea protettrice dei boschi e della selvaggina.
Artemide, la lucente, era conosciuta anche come Flitia o Locheia.
Tratto da "Luna Influssi Poteri Leggende" di Stefano Mayorca

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