L'Eternità risiede nell'unità, nel più alto e remoto 'fuori', al di là del visibile e del localizzabile.
'Dentro', per così dire, questa eternità necessaria al pensiero si muove costantemente il tempo secondo numero - il tempo che è stato definito come "l'immagine, che procede secondo numero (in misure determinate), dell'eternità che risiede nell'unità (μένοντος αίώνος έν ένί κατ' άριυηόν ίοΰσαν αίώνιον είκόνα)" - cioè mediante la quotidiana rotazione della sfera fissa nel senso del "Medesimo" (l'equatore celeste) e mediante gli strumenti del tempo, i pianeti, che si muovono in direzione opposta lungo "l'Altro" (l'eclittica).
Presi assieme, essi rappresentano gli "otto moti".
Ma con la fase successiva, quella che conduce dai pianeti alle creature viventi, il moto secondo numero viene escluso e deve essere sostituito (con grande rammarico di Platone) da una qualità di " moto" fondamentalmente diversa, il "moto" per generazione.
I pianeti, quantunque "diversi" tanto dall'eternità che risiede nell'unità quanto dal moto regolare della sfera delle costellazioni, rimangono perlomeno "se stesse" e sette di numero.
L'anima dell'uomo, invece, non solo si reinventa di continuo, ma poiché l'umanità si moltiplica, come il grano a cui l'uomo viene così spesso paragonato, si suddivide sempre più.
Questa similitudine -ripetutamente fraintesa dai patiti della fertilità- andrebbe presa molto seriamente, e alla lettera.
Il Demiurgo non ha creato le singole anime di tutti gli uomini destinati a nascere, bensì i primi antenati dei popoli, delle dinastie ecc... vale a dire il "seme dell'uomo" che si moltiplica ed è macinato in farina impalpabile nel Mulino del Tempo.
L'idea che vi siano "Anime delle Stelle Fisse" da cui ebbe origine la vita mortale e a cui le anime eccezionalmente virtuose "una volta liberate" possono ritornare in qualsiasi momento, mentre la "farina" comune del mulino deve attendere pazientemente l'"ultimo giorno" nella speranza di poter fare altrettanto allora, tale idea non solo è una parte vitale del sistema arcaico del mondo, ma spiega anche, fino a un certo punto, l'interesse quasi ossessivo per gli avvenimenti celesti che ha dominato i millenni del passato.
Tratto da "Il Mulino di Amleto" di de Santillana e von Dechend
'Dentro', per così dire, questa eternità necessaria al pensiero si muove costantemente il tempo secondo numero - il tempo che è stato definito come "l'immagine, che procede secondo numero (in misure determinate), dell'eternità che risiede nell'unità (μένοντος αίώνος έν ένί κατ' άριυηόν ίοΰσαν αίώνιον είκόνα)" - cioè mediante la quotidiana rotazione della sfera fissa nel senso del "Medesimo" (l'equatore celeste) e mediante gli strumenti del tempo, i pianeti, che si muovono in direzione opposta lungo "l'Altro" (l'eclittica).
Presi assieme, essi rappresentano gli "otto moti".
Ma con la fase successiva, quella che conduce dai pianeti alle creature viventi, il moto secondo numero viene escluso e deve essere sostituito (con grande rammarico di Platone) da una qualità di " moto" fondamentalmente diversa, il "moto" per generazione.
I pianeti, quantunque "diversi" tanto dall'eternità che risiede nell'unità quanto dal moto regolare della sfera delle costellazioni, rimangono perlomeno "se stesse" e sette di numero.
L'anima dell'uomo, invece, non solo si reinventa di continuo, ma poiché l'umanità si moltiplica, come il grano a cui l'uomo viene così spesso paragonato, si suddivide sempre più.
Questa similitudine -ripetutamente fraintesa dai patiti della fertilità- andrebbe presa molto seriamente, e alla lettera.
Il Demiurgo non ha creato le singole anime di tutti gli uomini destinati a nascere, bensì i primi antenati dei popoli, delle dinastie ecc... vale a dire il "seme dell'uomo" che si moltiplica ed è macinato in farina impalpabile nel Mulino del Tempo.
L'idea che vi siano "Anime delle Stelle Fisse" da cui ebbe origine la vita mortale e a cui le anime eccezionalmente virtuose "una volta liberate" possono ritornare in qualsiasi momento, mentre la "farina" comune del mulino deve attendere pazientemente l'"ultimo giorno" nella speranza di poter fare altrettanto allora, tale idea non solo è una parte vitale del sistema arcaico del mondo, ma spiega anche, fino a un certo punto, l'interesse quasi ossessivo per gli avvenimenti celesti che ha dominato i millenni del passato.
Tratto da "Il Mulino di Amleto" di de Santillana e von Dechend
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