giovedì 16 novembre 2017

Platone e i suoi miti


Platone non ha inventato i suoi miti, ne ha fatto uso nel contesto giusto, senza divulgare il loro preciso significato: chiunque aveva accesso alla conoscenza della terminologia relativa li avrebbe capiti.
A Platone, in fondo, la "farina" interessava ben poco.
Nel creare il linguaggio della filosofia del futuro, Platone parlava ancora l'antico idioma.
Era, per così dire, una "stele di Rosetta" vivente.
E difatti - per quanto strano possa sembrare agli specialisti di antichità classica - una lunga esperienza ha dimostrato la seguente regola metodologica empirica: ogni disegno rinvenuto in miti che vanno dall'Islanda alla Cina all'America precolombiana, e per il quale esistano allusioni in Platone, risale certamente a un'età remota, e può essere accettato per moneta buona.
Esso proviene da quella zecca "protopitagorica" situata nella "mezzaluna fertile", che un tempo coniò il linguaggio tecnico e lo consegnò ai pitagorici (ed altri).
Platone sapeva che il linguaggio del mito opera, in linea di principio, per generalizzazioni, con la stessa spietatezza del gergo della moderna tecnologia.
Il modo in cui Platone lo usa, i fenomeni che preferisce esprimere nell'idioma mitico rivelano come egli lo comprendesse perfettamente.
Non esiste, a quanto pare, altra tecnica oltre il mito che riesca a raccontare la  struttura.
Il trucco è questo : s'incomincia col descrivere l'opposto della realtà conosciuta, sostenendo che "tanto tempo fa" le cose stavano nella tal maniera e funzionavano in un modo strano, ma poi avvenne che...ciò che conta è unicamente l'esito, il risultato degli avvenimenti narrati.
Di solito non si pensa che questo modo di dire le cose è solo un artifizio tecnico, e si accusano gli antichi mitografi di aver 'creduto' che in tempi ancor più antichi le cose fossero tutte capovolte.
Dal momento che si tratta di lingua vera e propria, l'idioma del mito porta con se l'emergere della poesia...
Il mito può essere usato come veicolo per trasmettere conoscenze concrete indipendentemente dal grado di consapevolezza delle persone che concretamente narrano le storie, le favole o altro.
Esso permetteva ai membri del 'brain trust' arcaico di parlare di 'lavoro' senza curarsi della presenza dei non addetti...
Platone è stato uno degli ultimi in grado di comprendere a fondo il linguaggio tecnico, e le 'storie' sono rimaste vive e conservano spesso l'autentica archeologia antica.
Tratto da "Il mulino di Amleto" di de Santillana e von Dechend

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