giovedì 31 agosto 2017

La sopravvivenza del mito ai giorni nostri


Oggi gli uomini vengono addestrati a pensare in termini spaziali, a localizzare gli oggetti.
A mano a mano che la scienza e la storia invadono l'intero campo del pensiero, gli eventi del mito retrocedono nella pura favola e ci appaiono come fantasie d'evasione: mancano di collocazione e di serietà; il loro spazio è ubiquo, il loro tempo è circolare.
Eppure, alcune di queste storie sono tanto forti da esser sopravvissute con tratti vigorosi: sono i veri miti, con personaggi identificati inequivocabilmente, e tuttavia fluidi e sfuggenti nei contorni.
Narrano di figure gigantesche e di eventi sovrumani che sembrano occupare tutto lo spazio abitabile tra il cielo e la terra.
Sono figure che spesso, al loro passaggio, prestano il loro nome a personaggi storici e poi scompaiono.
I fatti storici non potranno mai 'spiegare' gli eventi mitici; questo gia lo sapeva bene Plutarco.
Le figure mitiche invece, hanno invaso la storia sotto mentite spoglie, foggiandola sottilmente secondo i propri fini.
Le figure mitiche hanno bisogno di denominazioni caratteristiche, come quella di "Re nel Passato e nel Futuro", sono esistite ancor prima, o esisteranno ancora, con altri nomi, sotto altri aspetti, proprio come il cielo ci riporta in eterno le sue configurazioni.
Se si cercasse di definirle con precisione come le persone e cose, sicuramente svanirebbero ai nostri occhi, quanto i frutti di una fantasia malata.
Ma se si rispetta la loro vera natura, riveleranno questa natura come funzioni dell'ordine generale delle cose così come lo si poteva concepire.
Queste figure esprimono il comportamento di quel vasto complesso di variabili un tempo chiamato cosmo.
Esse combinano in sé varietà, eternità e ricorrenza, poiché tale è la natura del cosmo stesso.
La possibilità che il cosmo sia infinito sembra essere rimasta al di là della soglia dell'umana consapevolezza fino ai tempi di Lucrezio e a quelli di Giordano Bruno è Galileo.
E Galileo, che aveva seri dubbi al riguardo, si trovò d'accordo con tutti i suoi predecessori sul fatto che l'universo fosse sicuramente eterno, e che quindi i suoi mutamenti fossero soggetti alla legge della periodicità e della ricorrenza.
"Quello che è eterno" diceva Aristotele "è circolare, quello che è circolare è eterno".
Tratto da "Il mulino di Amleto" di G. di Santillana e H. von Dechend

Nessun commento:

Posta un commento

Google+