venerdì 19 giugno 2015

Il Figlio del Cielo e della Terra


"Il Cielo è suo Padre e la Terra è sua madre"
questa è la formula inizaitica, che determina i rapporti dell'Uomo con gli altri due termini della Grande Triade, egli rappresenta l'"uomo vero" di cui l'iniziato è chiamato a realizzare in se stesso tutte le possibilità.
Ogni uomo, anzi qualunque essere, è allo stesso modo e proprio per questo motivo figlio del Cielo e della Terra, giacchè la sua natura partecipa necessariamente di entrambi; c'è in ogni essere una essenza e una sostanza nell'accezione relativa dei due termini, un aspetto yang e un aspetto yin, un lato "in atto" e un lato "in potenza", un "interno" e un "esterno".
In tale partecipazione ci sono dei gradi da osservare, perchè negli esseri manifestati, gli influssi celesti e terrestri possono combinarsi in moltissime maniere e in moltissime proporzioni diverse.
Ogni essere è in una certa maniera e a un certo grado, perchè sono l'"uomo vero" è pienamente e per eccellenza il Figlio del Cielo e della Terra e tra i suoi privilegi, ha quello di poter riconoscere effettivamente il Cielo come suo "Vero Antenato".
l'uomo vero è l'unico a dover essere considerato come l'uomo realmente normale, possiede veramente la pienezza della natura umana, avendo sviluppato in sè l'integralità delle possibilità che essa implica; gli altri uomini hanno solo una potenzialità umana più o meno sviluppata in alcuni suoi aspetti, questo carattere di potenzialità ne fa in realtà dei figli della Terra più che del Cielo, ed è tale carattere a farli yin rispetto al Cosmo.

Per far si che un uomo sia "Figlio del Cielo e della Terra" occorre che in lui l'"atto" sia uguale alla "potenza" e quindi perfettamente equilibrato sotto l'aspetto dello yang e dello yin, là dove essi sono realizzati in eguel misura, egli è yang rispetto al Cosmo; egli può così svolgere in modo effettivo il ruolo centrale che gli compete, a patto di essere effettivamente uomo nel pieno significato della parola cioè l'immagine del "Vero Antenato".
L'"uomo vero" è anche l'"uomo primordiale", la sua condizione è quella che era naturale all'umanità alle sue origini, e da cui si è poco a poco allontanata, per giungere fino allo stato di uomo comune che propriamente non è altro che uomo decaduto.
Un graduale allontanamento dal centro in cui si situava l'"uomo primordiale"; un essere è tantomeno yang e tanto più yin quanto si allontana dal centro, nella stessa misura in cui l'"esterno" ha il sopravvento sull'"interno" e quindi ormai quasi solo "Figlio della Terra".
L'"uomo primordiale" in virtù della sua interiorità, abbracciando tutto il suo stato dui esistenza come il Cielo abbraccia tutta la manifestazione (perchè in realtà è il centro che contiene tutto), egli in qualche modo li comprendeva in sè come possibilità particolari incluse nella propria natura: per questo secondo il simbolismo della Genesi (11, 19-20) Adamo poteva veramente "nominare" tutti gli esseri di questo mondo, cioè poteva definire, nel senso più completo della parola, la natura propria a ciascuno di essi, ch'egli conosceva immediatamente e interiormente come un aspetto parziale della propria natura.
L'Uomo, come terzo aspetto della Grande Triade, rappresenta effettivamente l'insieme di tutti gli esseri manifestati.
L'uomo che è ricondotto dalla posizione decentrata, alla posizione centrale che normalemente gli compete, ed è reintegrato in tutte le prerogative inerenti a questa posizione centrale ha avuto accesso a quelli che vengono chiamati "piccoli misteri" ossia la perfezione dello stato umano e sfugge così alla vicissitudini della "ruota cosmica" perchè il centro non partecipa al movomento della stessa, ma è il punto fisso e immutabile intorno al quale si effettua il movimento, svolgendo la funzione del "motore immobile", la cui "azione di presenza" imita, nel proprio ambito, l'attività "non agente" del Cielo.
Tratto da "La Grande Triade" di R. Guenon

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