lunedì 18 maggio 2015

Il serpente e il verme

Il serpente è stato uno dei principali oggetti di interesse degli alchimisti.
Secondo una rappresentazione mitica primitiva l'eroe, allorché si spegne la sua luce vitale, continua a vivere in figura di serpente e come tale è anche venerato.
D'altra parte le anime dei morti vengono spesso raffigurate sottoforma di serpenti nella medesima rappresentazione primitiva.
Nell'Amente, nel mondo egizio degli inferi, dimora il Grande Serpente dalle sette teste e nell'inferno cristiano è presente il verme per eccellenza ossia il diavolo, che è il "serpente antico".
In realtà l'inferno è abitato da una coppia di fratelli, ossia la morte e il diavolo: la prima caratterizzata dal verme, e il secondo dal serpente.
Il serpente-mostro per eccellenza è il Serpente Apep, tra i Babilonesi ad esso corrisponde Tiamat, nel Libro dell'apostolo Bartolomeo sulla risurrezione di Cristo si dice:
"Ora Abbatôn, che a la Morte, e Gaios e Trifone e Ofiate e Phthinôn e Sotomis e Komphion, i sei figli della Morte, strisciano nella tomba del figlio di Dio, sui loro volti, in forma di serpenti, strisciano dentro con il loro grande ladro in verità".
Il serpente gnostico dalle sette teste è solo una forma del serpente Nâu, e la credenza in questo mostro risale perlomeno alla sesta dinastia.
I "sette Urei del Libro dei Morti" (cap 83) sono probabilmente identici ai "vermi di Rastau", che vivono sui corpi degli uomini alimentandosi del loro sangue (Papiro di Nektu-Amen).
Quando Ra tradusse il serpente Apep con la sua lancia, quest'ultimo vomitò tutto ciò che aveva divorato in precedenza (Budge, 1911, vol. 1, p. 65).
Questo è un motivo che si ripete più volte nei miti primitivi del drago-balena.
Per lo più succede che dal ventre del mostro insieme con l'eroe che ers stato inghiottito, escano anche il padre e la madre.
Il verme o il serpente rappresentano la morte che tutto inghiotte (di sono delle versioni in cui dopo l'incenerimento della fenice compare il verme): e colui che uccide il drago è perciò sempre anche l'eroe che vince la morte.
Anche nella mitologia germanica l'inferno è in relazione con l'immagine del verme.
In inglese antico "inferno" si dice wyrmsele (sala dei vermi), e nel tedesco medievale wurmgarten (giardino dei vermi).
Allo stesso modo degli eroi e degli spiriti dei morti, anche gli dèi - e in particolare le divinità ctonie - vengono associati al serpente, come succede per esempio a Ermete e ad Asclepio con il caduceo.
Pare che anche il dio greco della medicina, uscendo dall'uovo, abbia preso forma di serpente.
Il verme rappresenta per così dire la forma di vita arcaica, primitiva, da cui si sviluppa poi la figura definitiva o perlomeno una figura opposta, ossia un uccello in opposizione all'animale ctonio.
Questa coppia di opposti - serpente e uccello - è classica.
Aquila e serpente, i due animali di Zarathustra, simboleggiano il cerchio del tempo, vale a dire dell'eterno ritorno: "Giacché le tue bestie, Zarathustra, sanno bene chi tu sei e chi devi diventare: ecco, tu sei il maestro dell'eterno ritorno, questo è ormai il tuo destino" Nietzsche.
Nella dottrina di Saturnino gli angeli in un primo tempo avrebbero creato un uomo il quale era soltanto in grado di strisciare come un verme (Ireneo, Adversus haereses, 1. 24,1).
Come osserva Ippolito (Elenchos, VII. 28,3), a causa della debolezza degli angeli che lo crearono, l'uomo "si dimenava come un verme".
Il cristianesimo ha assunto molti tratti della religiosità egizia; perciò è comprensibile che anche l'allegoria del serpente sia penetrata nel mondo delle rappresentazioni cristiane e sia stata prontamente raccolta dagli alchimisti.
Nell'interpretazione gnostica di Paracelso del Salmo 24. 7-10 alla domanda: "Chi è il re della gloria?" riceve da Ippolito come risposta: "Un verme e non un uomo, un'infamia e la feccia del popolo. È il re della gloria, possente in battaglia."
Questo passo - dice Ippolito - si riferisce ad Adamo e alla sua "rinascita, grazie alla quale egli diventa spirituale e non carnale".
Altra citazione biblica viene dal Salmo 22. 7 il che inizia: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". La trasformazione del "re della gloria" nel suo opposto più estremo, ossia nella più limitata delle sue creature, viene avvertita come abbandono da parte di Dio.
Il verme si riferisce dunque al secondo Adamo, ossia a Cristo.
Anche Epifanio menziona il verme come allegoria di Cristo.
Vedi anche:
L'Uovo del Mondo
"Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

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