mercoledì 21 gennaio 2015

Dall'essere umano all'Unus Mundus



In un testo di Gerardus Dorneus viene descritta l'opera alchemica secondo certe antiche tradizioni medievali, secondo le quali l'essere umano comprende un corpo, una psiche (anima) e uno spirito (i anima razionale).
Durante la meditazione bisogna dapprima separare dal corpo la psiche e lo spirito, come fa ogni monaco nella sua cella.
Ciò significa staccarsi dai propri impulsi e appetiti fisici, liberarsi dal dominio della pulsione sessuale e da tutti gli elementi d'Ombra legati al corpo.
Poi si separa la psiche dallo spirito e si chiarisce quel che sono rispettivamente spirito, psiche e corpo.
Completato questo processo, che rientra nella parte analitica dell'opera alchemica, Dorneus descrive il modo in cui spirito e psiche si ricongiungono.
Un passo ulteriore si compie per il destino del corpo che è stato escluso:
Non ci si può limitare a gettarlo tra i rifiuti, anche esso deve essere salvato, riscattato nel seno dell'unità interiore, dell'unio mentalis già esistente.
Egli crede che il processo di meditazione debba consentire anche la riunificazione del corpo con le altre parti dell'essere, l'unio corporalis.
Si tratta di ricreare il corpo immortale all'interno del corpo mortale, il corpus glorificationis.
Dopo aver separato le componenti, averle purificate dagli elementi negativi e averle riunite di nuovo in modo tale che l'individuo nella sua interezza sia diventato uno nel suo corpo glorioso, il genio di Dorneus prefigura l'unione dell'essere umano con l'unus mundus, il mondo nella sua interezza, l'unità del cosmo.
Ciò significa che alla fine del processo interiore, l'unificazione trascende i limiti individuali, e spirito, psiche e corpo diventano tutt'uno con il cosmo.
L'unus mundus è un concetto teologico medievale secondo il quale Dio, prima di creare il mondo, il cosmo, ne aveva concepito il modello, come ogni buon architetto.
Questa concezione era avvenuta nella Saggezza divina, l'Anima mundi, forma femminile dell'unus mundus.
Quest'ultimo non è il cosmo quale esiste attualmente ma la sua concezione nella psiche o nello spirito di Dio, vale a dire il piano o il progetto che in seguito Dio ha realizzato.
Quando un individuo raggiunge lo stato di conoscenza e di unificazione interiore descritto da Dorneus, non si unisce al cosmo che noi conosciamo e che è corruttibile e soggetto alla morte, ma all'unus mundus, quel modello psichico del mondo che è bello Spirito, nella Saggezza di Dio.
L'individuo vive una coniunctio, un atto d'amore con la Sapientia Dei, diventa un tutt'uno con essa, sposa questa Saggezza che è identica all'unus mundus e che coincide con l'esperienza degli eventi sincronistici:
L'inconscio è una realtà onnipresente, fino ai confini stessi del cosmo e il pensiero medioevale, non disponendo di tale concetto, collocò la psiche individuale in un rapporto di unione magica con il cosmo intero.
Dorneus propose questa idea geniale di um unione non con la realtà tangibile ma con l'unus mundus.
Questa realtà interna allo spirito di Dio, o con la Sapientia Dei, che nella Bibbia appare come una personificazione femminile e si manifesta attraverso eventi sincronistici.
La mariologia moderna considera la Saggezza di Dio come modello preesistente della Vergine Maria.
Così come il Cristo esisteva prima della sua incarnazione in quanto Logos o Verbo, la Saggezza esisteva "fin dal principio, dagli inizi della terra" ed era con Dio "come architetto".
Poiché rappresenta la Saggezza divina eterna, Maria deve riprendere in qualche modo il posto che le spetta presso Dio, quello di una figura femminile e della materia del mondo divino.
Il riconoscimento di Maria corrisponde al riconoscimento dell'aspetto psichico della materia, psiche e materia, in realtà, sono due aspetti di un unico fenomeno vivente, che, osservato dall'esterno in modo estroverso e con metodi estroversi dà i risultati osservati dai fisici, ma che,  osservato soggettivamente, rivela la fenomenologia spirituale.
Tratto da "I miti di creazione" di Marie-Louise von Franz

1 commento:

  1. Grazie, Dhorn, sulla Vita
    Una bella ferita
    Un male gentile
    Una calma preoccupata
    (in Jung)

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