Le sette
cose fatali contribuirono a rendere imperitura Roma nei secoli. Assegnate ad
essa dal fato, dal destino. Sette come i sette coli, come i re, sette come i
giorni della creazione chi più ne ha più ne metta…
La
tradizione vuole che, chi se ne fosse impossessato, avrebbe di certo
compromesso questa inalterabilità o
se vogliamo, invulnerabilità.Virgilio in Eneide, 1,647 e sg ne cita alcune:
“E i doni, inoltre , vuole che si portino,
gioie strappate alle rovine di Troia: un manto rigido d’aurei ricami,
un velo intessuto d’un croceo fregio d’acanto,
ornamenti di Elena argiva,
che lei portò da Micene…
E ancora, uno scettro, che Ilione reggeva, la figlia maggiore di Priam,
e sul collo un monile…..”
è molto
forte la radicale troiana-frigia do Roma, tanto forte che coinque delle ‘cose
fatali’ sono di provenienza troiano-frigia.
La
significazione più alta della COSA stessa sia la divinità ad essa associata:
per questo, cosa fatale e non cosa in sé.Le sette cose sono elencate rispettando un certo ordine cronologico e anche una certa gerarchia celeste.
Elenchiamo le COSE FATALI:
Già in
queste tre prime cose si forma la triade capitolina GIOVE-GIUNONE-VENERE che è
d fondamentale importanza per la dedica di una città senza la quale non poteva
essere ritenuta tale.
A queste sette cose fatali se ne può aggiungere un’altra di cui parlo in
un post a parte e sono:
I LIBRI
SIBYLLINI.Fonte "Roma segreta e pagana" C. Monachesi
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