lunedì 29 luglio 2013

Il Sacro Monte Palatino



La montagna nella cabala è la massima condensazione della luce: scalare una montagna, salire su un colle equivale quindi a riappropriarci della luce che ad ogni passo diventa nostra.
Non tutte le montagne sono in grado di attivare questo stato, che giace a livello postenziale.
Il Palatino è una di quelle montagne sacre ne mondo che hanno assolto questo compito e che tutt’ora, seppur in maniera diversa, loassolvono.
Secondo le narrazioni arcaiche, Romulus insieme a uno stuolo di seguaci compì il rito di fondazione della Città, che permise di aprire un canale verso l’alto e verso il basso, tale da rendere sacro il luogo.
Così, ecco la montagna sacra agli indù, il monte Meru o l’Olimpo dei greci antichi, il monte Sinai, dove fu data la legge a Mosè da Dio, o il monte Ararat, dove si posò l’arca di Noè, o il monte Moria sacro ad Abramo e ai suoi figli, e ancora il monte Tabor dove avvenne la trasfigurazione di Gesù… e tanti altri ancora….
Tutte montagne sacre, è sulle vette dei monti sacri che possiamo evocare la presenza di Dio in noi:
“Numen inest”
Iniziamo quindi questo viaggio consapevoli di fare nostra l’esperienza di salire su una montagna sacra, al di là di ogni personale religione e cultura, consapevoli che tutto quello che è mosso dal di fuori avviene contemporaneamente all’interno di noi, consapevoli che ad ogni passo di questa luminosa salita ci sarà, a gradi, un aumento della nostra luminosità, consapevoli della presenza sacra che “die ac nocte” agisce nel nostro interno:
“Numen inest! Numen inest! Numen inest!”
Saliamo su queste montagne sacre consapevoli che il nostro salire corrisponde al salire la scala interiore che conduce ai cieli: “La tua parola, Dio, è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero” (David 119/105).
Il Palatino è la Montagna Sacra degli antichi romani; montagna al cui vertice viene posto il centro dell’Universo.
Romulus scelse il Palatino, perché proprio su questo si posero insieme dodici avvoltoi sacri ad Apollo.
Plutarco narra: “…..Romolo scavò in primo luogo un fosso rotondo, dove furono poste le primizie di tutte le cose utili e necessarie alla vita umana: il rappresentante di ogni popolo portò una manciata di terra del paese da cui proveniva e la gettò tra le primizie. Poi, preso come centro di un cerchio il fosso che si designa con il nome usato anche per l’Universo, cioè MUNDUS, tracciò intorno il perimetro della città”.
Romolo attaccò un vomere di bronzo, il bronzo è sinonimo di immortalità e, aggiogati un toro nero all’esterno simbolo di forza virile e centrifuga che deve proteggere l’Urbe dagli attacchi del caos esterno, ed una vacca bianca all’interno simbolo della purezza e della fecondità femminile, centripeta, tracciò il SULCUS PRIMIGENIUS, il solco primordiale.
Ora il palatino aveva al suo centro, il MUNDUS, la fonte di ogni provvidenza, l’utero materno in cui si erano gettate le sementi per propiziare la fertilità.
Ovidio precisa che: “…. dopo aver riempito il   MUNDUS di terra, si eresse un altare sul quale venne acceso il fuoco sacro”.
Il fuoco sacro sul MUNDUS rappresentava, anzi era il sacro sposalizio fra cielo e questa terra: era il focolare di Roma il primitivo tempio di Vesta, la madre Terra.
Vesta insieme a Pallade rappresentano i due fuochi del mondo sensibile: Pallade il celeste, vesta l’elementare di questo mondo.
Il materiale che tende alla salita, come se cercasse di separarsi dalla sostanza corruttibile a cui rimane unito, per tornare libero, come un’anima imprigionata in corpo ma appartenente al tempo stesso a quel corpo… l’altro all’opposto si protende verso il basso, verso la terra, come se entrambi aspirassero senza sosta a ritrovarsi l’uno davanti all’altro….
Viene spontaneo citare:
Come in alto così in basso, per realizzare i miracoli della COSA UNA” Ermete  Trismegisto
Oppure: “ Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”.
Da quel momento in poi Roma diventerà  “Caput Mundi”.
Il contatto con i piani divini era stabilito, l’alto e il basso erano comunicanti, il sacro ponte era stato gettato, la Città di già diventa eterna. Il successivo motto alchemico:
“Spiritualizza il corpo, e corporizza lo spirito”

Fonte: "Roma segreta e pagana" di C. Monachesi

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