venerdì 18 marzo 2016

Dal simbolismo tradizionale alla scienza profana


La concezione di una serie di mondi simili ma a scale differenti non è priva di un certo rapporto con le scoperte che nella stessa epoca furono dovute all'uso del microscopio, e con certe vedute che allora suggerirono la teoria dell'"inscatolamento dei germi": non è  vero che nel germe l'essere vivente sia attualmente è corporalmente "preformato" in tutte le sue parti, e l'organizzazione di una cellula non ha alcuna somiglianza con quella dell'insieme del corpo di cui è un elemento.
Le particelle di un corpo coesistono nel tutto.
L'idea che tutti gli astri che vediamo potrebbero non essere altro che elementi del corpo di un essere incomparabilmente più grande di noi, ricorda la concezione del "Grande Uomo" della Kabbala, ma singolarmente materializzata e "spazializzata", per una sorta di ignoranza del vero valore analogico del simbolismo tradizionale; similmente, l'idea dell'"animale", ossia dell'essere vivente, che sussiste corporalmente dopo la morte ma "ridotto in piccolo", è  manifestamente ispirata alla concezione del luz o "nocciolo di immortalità" secondo la tradizione giudaica.
In fondo, tutto ciò  non è  che un esempio del pericolo insito nel voler conciliare le nozioni tradizionali con le vedute della scienza profana, cosa che si può fare solo a danno delle prime che erano del tutto indipendenti dalle teorie originate dalle osservazioni al microscopio.
Anche la teoria del "migliore dei mondi" proviene da un dato tradizionale mal applicato, preso a prescindere dalla geometria simbolica dei Pitagorici;
La circonferenza, tra tutte le linee di uguale lunghezza, è quella che comprende la massima superficie, e parimenti la sfera, fra tutti i corpi di uguale superficie, è  quello che contiene il volume massimo, ed è  questa una delle ragioni per cui tali figure erano considerate perfette; tuttavia, se vi è  a tale riguardo un massimo, non vi è  però un minimo, non esistono cioè figure che racchiudono una superficie o volume minore di ogni altro.
Vi sarebbe quindi un "migliore dei mondi" ma non vi è  però un "peggiore dei mondi".
Tratto da "I principi del calcolo infinitesimale" di René Guénon

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