E come a proposito di Beia, si dice che essa ha interamente assorbito il fratello nel proprio corpo, riducendolo in atomi, così il drago si divora da solo, a partire dalla coda, finché non ha inghiottito interamente il proprio corpo nella sua testa.
Dato che è il fuoco interno di Mercurio, lo zolfo partecipa ovviamente della natura estremamente pericolosa e malvagia di quest'ultimo che, da un lato, è personificata nel leone e nel drago, per ciò che concerne la violenza e dall'altro nel Cillenio per ciò che concerne la concupiscenza.
Più esattamente la "testa del drago" (caput draconis), che rappresenta un "veleno pericolosissimo" (venenum pernitiosissimum), un vapore venefico esalato dai draghi volanti.
Il drago alato (draco alatus), che raffigura l'argento vivo, diventa il mostro dal soffio venefico soltanto dopo essere stato un "drago senz'ali" (draco sine alis), che corrisponde allo zolfo.
Lo Scriptum Alberti equipara questo drago al serpente dalla testa umana del Paradiso terrestre, che proprio nella sua testa si presentava "a immagine e somiglianza di Dio"; un particolare che offre una spiegazione non superficiale al motivo per cui il drago inghiotte interamente nella propria testa il corpo a lui odioso.
Da ciò risulta il parallelo tra caput daconis e Cristo, il che corrisponde alla concezione gnostica secondo cui il figlio del dio supremo avrebbe assunto in Paradiso la forma del serpente alla scopo di offrire ai nostri progenitori la facoltà di discriminazione, cosicché essi poterono riconoscere che le opere del Demiurgo erano imperfette.
In quanto figlio dei sette pianeti, il drago è chiaramente il filius macrocosmi parallelamente alla figura di Cristo, in parte suo rivale.
La testa del drago contiene la preziosa pietra, il che significa: la coscienza contiene l'immagine simbolica del Sé e, come il Lapis riunisce in sé gli opposti, il Sé assimila contenuti consci e inconsci.
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung
Dato che è il fuoco interno di Mercurio, lo zolfo partecipa ovviamente della natura estremamente pericolosa e malvagia di quest'ultimo che, da un lato, è personificata nel leone e nel drago, per ciò che concerne la violenza e dall'altro nel Cillenio per ciò che concerne la concupiscenza.
Più esattamente la "testa del drago" (caput draconis), che rappresenta un "veleno pericolosissimo" (venenum pernitiosissimum), un vapore venefico esalato dai draghi volanti.
Il drago alato (draco alatus), che raffigura l'argento vivo, diventa il mostro dal soffio venefico soltanto dopo essere stato un "drago senz'ali" (draco sine alis), che corrisponde allo zolfo.
Lo Scriptum Alberti equipara questo drago al serpente dalla testa umana del Paradiso terrestre, che proprio nella sua testa si presentava "a immagine e somiglianza di Dio"; un particolare che offre una spiegazione non superficiale al motivo per cui il drago inghiotte interamente nella propria testa il corpo a lui odioso.
Da ciò risulta il parallelo tra caput daconis e Cristo, il che corrisponde alla concezione gnostica secondo cui il figlio del dio supremo avrebbe assunto in Paradiso la forma del serpente alla scopo di offrire ai nostri progenitori la facoltà di discriminazione, cosicché essi poterono riconoscere che le opere del Demiurgo erano imperfette.
In quanto figlio dei sette pianeti, il drago è chiaramente il filius macrocosmi parallelamente alla figura di Cristo, in parte suo rivale.
La testa del drago contiene la preziosa pietra, il che significa: la coscienza contiene l'immagine simbolica del Sé e, come il Lapis riunisce in sé gli opposti, il Sé assimila contenuti consci e inconsci.
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung
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