Certi miti, che definiamo miti di creazione, costituiscono una categoria che si distingue dagli altri per il loro tono e il carattare di solennità con cui sono narrati.
Presso numerosi popoli primitivi i miti di creazione sono considerati l'elemento centrale, il più importante della tradizione della tribù.
Sono permeati di emozioni, trattano i problemi fondamentali dell'esistenza, il senso ultimo non solo della vita umana, ma dell'intero cosmo.
Il mistero impenetrabile che circonda l'origine della natura e dell'umanità ha indotto l'inconscio umano a elaborare e a proporre svariate versioni dell'evento originario.
La cartografia antica ce ne offre un'esemplificazione sorprendente:
Nel Medioevo, il mondo conosciuto era sempre rappresentato al centro, circondato da simboli universali e da figure demoniache.
Queste carte dimostrano tangibilmente che là dove finisce per noi la realtà conosciuta, inizia il contatto con l'ignoto rappresentato da immagini simboliche.
Un simbolo ricorrente è l'Ouroboros che appare là dove il sapere cosciente dell'uomo raggiunge i suoi limiti.
Gli alchimisti utilizzavano questo simbolo per caratterizzare il mistero della materia ignota, quando esaudivano la sfera dei fatti noti.
Per l'alchimia l'Ouroboros era il simbolo della prima materia della materia originaria di cui è costituito il mondo.
Talvolta usiamo il termine proiezione a proposito delle società primitive, intendendo così che i loro miti e dèi (simboli)sono proiezioni di immaginazioni archetipiche.
Ma sarebbe più corretto utilizzare l'espressione usata da Jung: "identità arcaica".
Nelle popolazioni primitive la psiche e il mondo esterno coesistono in uno stato di completa uguaglianza quindi non si può parlare di proiezione che invece avviene quando un contenuto soggettivo viene estraniato dal soggetto e incorporato in un oggetto esterno.
Per i popoli primitivi gli dèi sono delle realtà viventi e quindi si può parlare di partecipation mystique.
I miti di creazione rappresentano processi inconsci e preconsci che descrivono l'origine non del nostro cosmo, ma della consapevolezza dell'uomo a riguardo.
Non riusciamo più a comprendere come tali processi possano rispecchiare il nostro cosmo esterno, perché l'antica identità è stata distrutta e si sono formate nuove proiezioni, che ci appaiono come modelli scientifici "oggettivi" del mondo esterno.
Poiché questi nuovi modelli hanno eclissato quelli antichi, ormai consideriamo questi ultimi soltanto proiezioni.
Soltanto nel momento in cui vi è una discrepanza tra la mia opinione e il suo oggetto, si verifica una presa di coscienza.
Come osserva Jung, la proiezione si fa palese quando diventa inadeguata (ad esempio una scoperta scientifica obsoleta).
Finché siamo soggettivamente convinti di non parlare di proiezioni, ma di un'autentica qualità dell'oggetto, definiamo le nostre ipotesi verità scientifiche.
Un punto importante da capire è:
Non possiamo parlare di nessun tipo di realtà se non quando si manifesta come contenuto della coscienza.
L'unica realtà che possiamo descrivere è quella di cui siamo consapevoli.
Gli unici fatti che possiamo considerare reali sono quelli che, in qualche modo, in qualche punto, hanno penetrato il nostro campo della coscienza. Tutto il resto non è che speculazione arbitraria.
(Questo è ciò che l'uomo moderno e soprattutto occidentale crede sia la chiave di lettura del mondo)
Resta il fatto che possiamo concepire l'esistenza di una realtà oggettiva pregnante che trascende la coscienza contingente del reale.
Tale realtà resta scientificamente inaccessibile e il contemplarla significa abbandonare la sfera del fatto scientificamente dimostrabile, poiché ogni realtà che trascenda la coscienza umana non può essere appresa in modo diretto.
(Questo per dire che ci sono realtà non tangibili né sensorialmente dimostrabili, ma non per questo non esistenti e non concepibili, bisognerebbe solo cercare di trascendere il nostro modo di percepire la realtà)
Presso numerosi popoli primitivi i miti di creazione sono considerati l'elemento centrale, il più importante della tradizione della tribù.
Sono permeati di emozioni, trattano i problemi fondamentali dell'esistenza, il senso ultimo non solo della vita umana, ma dell'intero cosmo.
Il mistero impenetrabile che circonda l'origine della natura e dell'umanità ha indotto l'inconscio umano a elaborare e a proporre svariate versioni dell'evento originario.
La cartografia antica ce ne offre un'esemplificazione sorprendente:
Nel Medioevo, il mondo conosciuto era sempre rappresentato al centro, circondato da simboli universali e da figure demoniache.
Queste carte dimostrano tangibilmente che là dove finisce per noi la realtà conosciuta, inizia il contatto con l'ignoto rappresentato da immagini simboliche.
Un simbolo ricorrente è l'Ouroboros che appare là dove il sapere cosciente dell'uomo raggiunge i suoi limiti.
Gli alchimisti utilizzavano questo simbolo per caratterizzare il mistero della materia ignota, quando esaudivano la sfera dei fatti noti.
Per l'alchimia l'Ouroboros era il simbolo della prima materia della materia originaria di cui è costituito il mondo.
Talvolta usiamo il termine proiezione a proposito delle società primitive, intendendo così che i loro miti e dèi (simboli)sono proiezioni di immaginazioni archetipiche.
Ma sarebbe più corretto utilizzare l'espressione usata da Jung: "identità arcaica".
Nelle popolazioni primitive la psiche e il mondo esterno coesistono in uno stato di completa uguaglianza quindi non si può parlare di proiezione che invece avviene quando un contenuto soggettivo viene estraniato dal soggetto e incorporato in un oggetto esterno.
Per i popoli primitivi gli dèi sono delle realtà viventi e quindi si può parlare di partecipation mystique.
I miti di creazione rappresentano processi inconsci e preconsci che descrivono l'origine non del nostro cosmo, ma della consapevolezza dell'uomo a riguardo.
Non riusciamo più a comprendere come tali processi possano rispecchiare il nostro cosmo esterno, perché l'antica identità è stata distrutta e si sono formate nuove proiezioni, che ci appaiono come modelli scientifici "oggettivi" del mondo esterno.
Poiché questi nuovi modelli hanno eclissato quelli antichi, ormai consideriamo questi ultimi soltanto proiezioni.
Soltanto nel momento in cui vi è una discrepanza tra la mia opinione e il suo oggetto, si verifica una presa di coscienza.
Come osserva Jung, la proiezione si fa palese quando diventa inadeguata (ad esempio una scoperta scientifica obsoleta).
Finché siamo soggettivamente convinti di non parlare di proiezioni, ma di un'autentica qualità dell'oggetto, definiamo le nostre ipotesi verità scientifiche.
Un punto importante da capire è:
Non possiamo parlare di nessun tipo di realtà se non quando si manifesta come contenuto della coscienza.
L'unica realtà che possiamo descrivere è quella di cui siamo consapevoli.
Gli unici fatti che possiamo considerare reali sono quelli che, in qualche modo, in qualche punto, hanno penetrato il nostro campo della coscienza. Tutto il resto non è che speculazione arbitraria.
(Questo è ciò che l'uomo moderno e soprattutto occidentale crede sia la chiave di lettura del mondo)
Resta il fatto che possiamo concepire l'esistenza di una realtà oggettiva pregnante che trascende la coscienza contingente del reale.
Tale realtà resta scientificamente inaccessibile e il contemplarla significa abbandonare la sfera del fatto scientificamente dimostrabile, poiché ogni realtà che trascenda la coscienza umana non può essere appresa in modo diretto.
(Questo per dire che ci sono realtà non tangibili né sensorialmente dimostrabili, ma non per questo non esistenti e non concepibili, bisognerebbe solo cercare di trascendere il nostro modo di percepire la realtà)
Tratto da "I miti di creazione" di Marie-Louise von Franz
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