martedì 6 settembre 2016

La concezione metafisica di libertà


Possiamo intanto definire la libertà come assenza di costrizione: definizione negativa nella forma, ma che ancora una volta, è positiva nella sostanza, poiché la costrizione è una limitazione, ossia in realtà una negazione.
Là dove non esiste dualità, non vi è necessariamente alcuna costrizione, e questo basta per provare che la libertà è una possibilità, dal momento che discende immediatamente dalla "non-dualità", la quale, com'è ovvio, è esente da ogni contraddizione.
Si può aggiungere che la libertà non è soltanto una possibilità nel senso più universale, ma anche una possibilità d'essere o manifestazione; basta qui, per passare dal Non-Essere all'Essere, passare dalla "non-dualità" all'unità: l'Essere è "uno" (dove l'Uno è lo Zero affermato) o meglio è la stessa Unità metafisica.
La libertà appartiene anche all'Essere, il che equivale a dire che essa è  una possibilità d'essere, oppure, una possibilità di manifestazione, poiché l'Essere è prima di tutto il principio della manifestazione.
Essa si manifesta in gradi diversi, in tutto ciò che procede dall'Essere, cioè in tutti gli esseri particolari in quanto appartengono all'ambito della manifestazione universale.
Dire che un qualunque essere non è in alcun grado libero equivarrebbe ad affermare che non è  se stesso, che esso è "gli altri", o non possiede in sé la propria ragion d'essere, nemmeno immediata.
Poiché l'unità dell'Essere è il principio della libertà, un essere sarà libero nella misura in cui parteciperà di tale unità; in altri termini, esso sarà tanto più  libero quanta maggiore sarà in lui l'unità, o quanto più esso sarà "uno".
La libertà è dunque una possibilità che, in gradi diversi,  costituisce un attributo di tutti gli esseri, quali che siano e in qualunque stato si trovino, e non soltanto un attributo dell'uomo.
Si potrebbero analogamente considerare i rapporti di un essere con gli altri sotto due aspetti apparentemente opposti, ma in realtà complementari, a seconda se, in questi rapporti, l'essere in questione assimila gli altri a sé o è  da essi assimilato, dove tale assimilazione costituisce la "comprensione" nel vero senso della parola.
Il rapporto che esiste fra due esseri è al tempo stesso una modificazione dell'uno e dell'altro; ma si può dire che la causa determinante di questa modificazione risiede in quello dei due esseri che agisce sull'altro, o che lo assimila a sé.
Nell'Essere, o più esattamente nella manifestazione, la libertà si esplica nell'attività differenziata, che nello stato individuale umano prende la forma dell'azione nel senso abituale del termine.
Nell'ambito dell'azione, anzi in tutta la manifestazione universale, la "libertà di indifferenza" è impossibile, perché si tratta propriamente del modo di libertà che conviene al non-manifestato ( perché presuppone che qualcosa possa esistere senza avere nessuna ragion d'essere).
La realizzazione delle possibilità di manifestazione, che costituiscono tutti gli esseri in tutti i loro stati manifesti e con tutte le mortificazione non può dunque fondarsi su una pura indifferenza, ma è  determinata dall'ordine della possibilità universale di manifestazione e anche i tutte le sue modalità,  che  sono tutte le possibilità particolari di manifestazione.
La libertà assoluta può realizzarsi soltanto con la completa universalizzazione: mentre una libertà relativa appartiene ad ogni essere in qualsiasi condizione.
La libertà assoluta può appartenere soltanto all'essere liberato dalle condizioni dell'esistenza manifestata, individuale o sovra-individuale e divenuto assolutamente "uno", nel grado dell'Essere puro, o "senza dualità", se la sua realizzazione oltrepassa l'Essere.
Tratto da "Gli stati molteplici dell'essere" di René Guénon

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