lunedì 31 agosto 2015

l'Impero e l'immagine dell'Universo


Verso la fine del terzo millennio avanti Cristo, la Cina era divisa in nove province, a quanto pare comprese tra il Fiume Giallo e il Fiume Azzurro, secondo una precisa rappresentazione geometrica:
una al centro, otto ai quattro punti cardinali e ai quattro punti intermedi.
Quest divisione è attribuita a Yu il Grande (Ta.Yu).
Da notare l'assonanza fonetica con Hu Gadarn della tradizione celtica da cui si può dedurre che siano "localizzazioni" ulteriori e particolareggiate di uno stesso "prototipo" che risalirebbe a tempi più remoti e forse alla Tradizione primordiale.
Si dice che Yu percorse il mondo per "misurare la Terra"; e dal momento che tale misura si effettua su base quadrata, qui vediamo l'uso della squadra attribuita all'Imperatore in quanto "Signore della Terra" e questa squadra ha due elementi uguali perchè la forma dell'Impero e quella delle sue suddivisioni erano considerate dei quadrati perfetti.

La divisione per 9 gli fu ispirata dal diagramma chiamato Lo-chou o "Scritto del Lago" che secondo la "leggenda", gli era stato portato da una tartaruga e in cui i primi nove numeri sono disposti in modo da formare un "quadrato magico", la cui proprietà essenziale è che i numeri contenuti in tutte le linee verticali e orizzontali, come pure quelle diagonali danno sempre la medesima somma in questo caso 15; così tale divisione faceva dell'Impero un'immagine dell'universo.
Nel "quadrato magico" il centro è occupato dal numero 5 che sta nel mezzo dei primi 9 numeri ed è il numero centrale della Terra, così come il 6 è il numero centrale del Cielo: il prodotto di 5 e di 9 dà 45 che è la somma dell'insieme dei 9 numeri racchiusi nel quadrato e di cui costituisce il mezzo, da notare anche che 4+5 dà 9.
Osserviamo come nel quadrato i numeri dispari o yang siano posti nel mezzo dei lati (punti cardinali), mentre i numeri pari o yin sono posti agli angoli (punti intermedi)e delimitino il quadrato stesso (aspetto statico).
La provincia centrale che corrisponde a 5 e dove risiedeva l'Imperatore era chiamata "Regno del Mezzo" (Tchoung-kouo).
Il significato fondamentale è che tutto è contenuto nel centro, tanto che in esso deve trovarsi, in un certo modo e in "archetipo" tutto ciò che si trova nell'insieme dell'Universo, l'Imperatore occupava il posto dell'"Uomo vero" e ne adempiva la funzione in quanto "mediatore" fra il Cielo e la Terra.
Altri esempi tradizionali di una simile "concentrazione" appartengono alla Cabbala ebraica: "Il Tabernacolo della Santità di Jehovah, la residenza della Shekinah, è il Santo dei Santi che è il cuore del Tempio che a sua volta è il centro di Sion (Gerusalemme), come la santa Sion è il centro della Terra di Israele, come la Terra di Israele è il centro del mondo";
fra gli altri si può citare anche quello dell'antico Egitto: secondo Plutarco "gli Egizi danno al loro paese il nome di Chemia (Kemi o terra nera) e la paragonano a un cuore", questo paragone, quali che siano le ragioni geografiche o di altro genere che si è potuto darne essotericamente, in realtà si giustificano solo con un'assimilazione al vero "Cuore del Mondo".

                                   
Non ci si deve stupire di questa posizione "centrale" attribuita all'Impero cinese rispetto al mondo intero; di fatto, fu sempre così per ogni paese in cui esistesse il centro spirituale di una tradizione.
Tale centro era una emanazione o un riflesso del centro spirituale supremo, ossia del centro della Tradizione primordiale da cui derivano tutte le forme tradizionali regolari: esso era costituito a immagine di tale centro supremo con cui si identificava virtualmente.
Per questo il paese che possedeva un tale centro spirituale era in virtù di ciò un "Terra Santa" e in quanto tale era designato simbolicamente da appellativi quali "Centro del Mondo" o "Cuore del Mondo".
Per usare il linguaggio della Cabbala ebraica, questo centro era il luogo di manifestazione della Shekinah o "presenza divina", in termini estremo-orientali il punto in cui si riflette direttamente l'"Attività del Cielo" e che è propriamente l'"Invariabile Mezzo" determinato dall'incontro dell'"Asse del Mondo" con l'ambito delle possibilità umane, la determinazione di tali luoghi competeva essenzialmente alla scienza tradizionale con il nome di geografia sacra.
Tratto da "La Grande Triade" di R. Guenon

lunedì 24 agosto 2015

La teoria dei "libri maledetti"


"Il pazzo non è colui che ha perduto la ragione, il pazzo è colui che ha perduto tutto tranne la ragione"
Gilbert Keith Chesterton 

Potrebbe sembrare veramente fantastica l'affermazione che esiste una specie di Santa Alleanza contro il sapere, una congiura organizzata per far scomparire completamente dalla circolazione certi segreti.
Quest'ipotesi non più fantastica di quella della grande cospirazione nazista.
Soltanto  ai giorni nostri possiamo incominciare a intuire fino a qual punto fosse perfetta l'organizzazione dell'Ordine Nero, fino a qual punto i suoi affiliati fossero numerosi in tutte le nazioni del mondo e fino a qual punto tale cospirazione sia andata vicina al successo totale.
Ecco quindi la ragione per cui non bisogna respingere a priori l'ipotesi di una cospirazione più antica.
Coleridge era pienamente convinto dell'esistenza di una cospirazione di tal genere e chiamava i suoi membri "le persone venute da Porlock".
Questo nome gli ricordava la visita di un personaggio venuto dal paesetto di Porlock che gli aveva impedito di realizzare un lavoro importantissimo che egli stava preparando in quel tempo.
Tracce innegabili di questa cospirazione si riscontrano tanto nella storia della Cina o dell'India quanto nella storia dell'Occidente.
Citiamo alcuni esempi di libri maledetti fin dall'inizio.
Nel 1885 lo scrittore Saint-Yves d'Alveydre ricevette l'ordine di distruggere, pena la morte, la sua ultima opera: Mission de l'Indie en Europe, Mission de l'Europe en Asie. La question du Mahatama et sa solution.
Egli obbedì all'ordine ricevuto. Tuttavia un esemplare sfuggì alla distruzione che fu ristampata dall'editore Dorbonaînè  nel 1909 in una tiratura molto limitata.
Nel 1940 i tedeschi si affrettarono a distruggere tutti gli esemplari di questa edizione.
Nel 1897 gli eredi dello scrittore Stanislas de Guaita ricevettero l'ordine di distruggere, pena la morte,  quattro  manoscritti inediti che l'autore aveva scritto sulla magia nera più la distruzione dei suoi archivi.
Nel 1933 i nazisti, in Germania,  bruciarono tutti gli esemplari dell'opera sui Rosacroce, Die Rosenkreutzer.
Chi sono gli avversari di questi libri maledetti? Supponiamo l'esistenza di un gruppo che io chiamerò "Uomini in nero" questi uomini dovrebbero essere antichi quanto la civiltà; io credo che sia possibile citare tra loro lo scrittore francese Joseph de Maistre e lo zar Nicola II di Russia.
Il loro compito consiste nell'impedire una diffusione troppo rapida e troppo ampia del sapere, una diffusione che avrebbe condotto alla distruzione tutte le civiltà che hanno preceduto la nostra.
Insieme con le tracce di queste civiltà scomparse  ci è rimasta una tradizione il cui principio informatore consiste nel pretendere che il sapere può essere terribilmente pericoloso.
Scoperte troppo pericolose esistono nelle scienze cosiddette esatte oltre che nelle scienze dette "false" che vengono chiamate "parascienze".
I libri maledetti per eccellenza sono:
Il Libro di Toth, contenente tutti i segreti dei diversi mondi e che conferirebbe ai detentori poteri considerevoli.
Toth trasmettere all'umanità la scrittura e scrive questo famosissimo libro, forse il più antico tra i libri antichi, che conteneva il segreto del potere illimitato.
Le "Stanze di Dzyan" il libro 'portato dall'India e proveniente dal pianeta Venere'.
È con l'ascesa e con la caduta di Madame Blavatsky che la storia di questo libro assume tutto il suo interesse più vivo.
Questo libro rivelerebbe segreti provenienti da altri pianeti e riguarderebbe una storia di centinaia di milioni di anni.
"I teosofi annunciano cose che agghiaccierebbero il sangue per il terrore, se non fossero enunciate con un ottimismo disarmante e beato" H.P.Lovecraft.
La "Steganographia" era un'opera in 8 volumi che raccoglieva tutte le ricerche dell'abate Tritemio e che conteneva i segreti di un potere incredibile.
Il manoscritto completo fu bruciato per ordine dell'elettore, il conte palatino Filippo II,  che l'aveva trovato nella biblioteca di suo padre e ne era rimasto terrorizzato.
La "Monade geroglifica" scritta da John Dee(1527-1608) può  essere trovata sottoforma di fotocopie ma senza la chiave che corrisponde ai diversi codici dell'opera e senza gli altri manoscritti di Dee bruciati a Mortlake o distrutti per ordine di re Giacomo I, non può  servire a molto.
Il "Manoscritto di Voynich" scritto personalmente da Ruggero Bacone (1214-1294) considerato dai posteri un grande mago, in realtà si interessava soprattutto della sperimentazione scientifica.
Egli predisse il microscopio e il telescopio, le navi a motore, le automobili e le macchine volanti.
Il suo libro è  sfuggito alla distruzione unicamente perché nessuno riesce a decifrarlo quindi non costituisce un pericolo immediato.
Il testo contiene miniature azzurre, gialle,  rosse, marroni e verdi. I disegni di donne nude piccolissime, diagrammi e circa quattrocento piante immaginarie.
Anche il "Manoscritto di Mathers" è cifrato.
Nel 1880 un pastore inglese, il reverendo A.F.A. Woodford entra in un negozio di libri e vi trova alcuni manoscritti e una lettera in tedesco.
Il reverendo inizia a leggere la lettera che dice che colui il quale avrà  decifrato il manoscritto potrà comunicare con la società segreta tedesca Sapiens Donabitur Astris.
La decifrazione del manoscritto ha portato all'avventura occulta più straordinaria dei nostri tempi quella dell'Ordine della Golden Dawn.
Tratto da "I libri maledetti" di Jacques Bergier
Io aggiungerei che probabilmente i libri che apparentemente sono stati bruciati o comunque distrutti, non sono andati perduti per sempre, ma sono in possesso della stessa élite che non desidera che gli esseri umani "comuni" abbiano la possibiltà di avere conoscenze di carattere iniziatico... ma che al contrario detiene tale conoscenza a carattere esclusivo (o quasi....)
Forse alcune informazioni sono trapelate nel corso dei secoli ma la maggior parte della massa crede che sia solo "fantascienza"... probabilmente molte informazioni vanno lette tra righe, altre le abbiamo sotto gli occhi ma non le vediamo o non le vogliamo vedere... altre si trovano grazie a ricerche approfondite....
....Sicuramente non le troveremo tra i libri accademici e tra i banchi di scuola...
Nell'AniMo Antico

mercoledì 19 agosto 2015

Cos'è il nostro passato se non una serie di sogni?


Che cosa è  il nostro passato se non una serie di sogni? (Borges)
La funzione di un libro, anzi del libro, è  quella di ricordare il passato e ricordare i sogni.
Così la scrittura diviene un'estensione della memoria e dell'immaginazione.
Per questo il libro, anche se parziale, inesatto e non condiviso, mantiene pur sempre qualcosa di sacrale perché promette felicità e saggezza, sapienza e avventura, misteri e scoperte.
Ogni arco ha la sua storia, ogni rupe, ogni chiesa: non c'è  angolo che non sia stato sfiorato dalle ali del sogno collettivo, dallo spirito creatore di miti delle stirpi.
Dai fatti storici le narrazioni ricavano spunti e tematiche, poi, attraverso un'incessante attività combinatoria elaborano tali spunti e tali tematiche, creando un mondo leggendario e fantastico che la memoria del gruppo non deve perdere.
Sul filo di questa memoria che recupera il "raccontabile" si muovono questi testi che vogliono seguire i percorsi dei sogni e delle favole che animano i luoghi e le contrade.
Nulla di ciò che è stato inventato deve andare perduto: la memoria letteraria e storica deve assolvere il suo compito sacrale nel preservare il "tempo"umano dalla dimenticanza e dalla morte.
L'aspetto "segreto" consiste in tutta quella narrativitá che il vissuto collettivo ha prodotto nei secoli e che è continuamente minacciato dall'oblio.
Si è  soliti dire che la storia riguarda il passato.
La storia è memoria, è ricordo culturalmente e umanamente significante, è rimembranza di fatti e di emozioni che proprio in virtù di tale alchimia memoriale non scompaiono inghiottiti dalle onde dell'oblio. Rimemorare significa rivivere e quando un fatto passato viene rivissuto, esso non è più trascorso e morto ma presente e vivo.
Così la storia non riguarda il passato ma il presente.
La storiografia che si configura oggi come scienza mira all'attendibilità.
Nasce però un problema: l'attendibilità i meri fatti e gli accadimenti, non le emozioni umane che li hanno accompagnati.
La memoria per conservare e trasmettere deve imbattersi nella parola, non nella parola-merce  di scambio ma nella parola-evocazione, nella parola che suscita le emozioni passate, le realtà significanti, le immagini colme di potenza.
Così la storia diventa racconto e il racconto diviene libro che è un'estensione della memoria e dell'immaginazione.
In tutto l'Oriente esiste ancora il concetto che un libro non deve rivelare le cose: deve aiutare a scoprirle.
La Storia  universale è una scrittura che dobbiamo leggere e scrivere di continuo.
Noi stessi siamo i luoghi della storia.
Il "luogo" è  uno spazio mentale, il punto d'incontro di una geometria interiore dove il passato e il presente ancora una volta si fondono in una esperienza unica che li trascende entrambi.
Il percorso della nostra vita parte dal mistero e nel mistero ritorna: il viaggio si compie entro un'ellissi chiusa e si ritorna là dove partimmo.
Così chiusa come una sfera metafisica, la memoria preserva il passato, il presente e il futuro distrugge il tempo e non si cura della morte.
Tratto da " Storie e luoghi segreti di Roma" di Cecilia Gatto Trocchi
 

venerdì 14 agosto 2015

Eros e Amore


 
" A questo punto si impone alla mia attenzione il fatto che accanto al dominio della riflessione vi è un altro campo, ugualmente o anche più esteso, nel quale la comprensione razionale e i modi razionali di rappresentazione possono ben poco.
Si tratta del dominio dell'Eros.
Nei tempi antichi Eros era significativamente considerato un dio la cui divinità trascendeva i limiti umani, e che pertanto non poteva essere compreso o rappresentato in alcun modo.
Potrei anch'io tentare, come molti prima di me, di avvicinarmi a questo demone, la cui potenza si estende dagli spazi infiniti del cielo agli oscuri abissi dell'inferno; ma esito di fronte al compito di trovare le parole che possano adeguatamente esprimere gli incalcolabili paradossi dell'amore.
Eros è un kosmogonos, creatore e padre-madre di ogni coscienza.
Mi sembra che il condizionale di Paolo "Se non avessi l'amore" sia il primo di tutti i riconoscimenti e l'essenza della divinità stessa.
Quale che sia l'interpretazione che i dotti danno della frase "Dio è amore", il tenore delle parole conferma che la divinità è una complexio oppositorum.
Sia nella mia esperienza di medico che nella mia vita, mi sono ripetutamente trovato di fronte al mistero del l'amore, e non sono mai stato capace di spiegare che cosa esso sia.
Come Giobbe, ho dovuto mettere "la mia mano sulla mia bocca. Ho parlato una volta, ma non replicherò più" (Giobbe, XL, 4 sg.).
Qui si trovano il massimo e il minimo, il più remoto e il più vicino, il più alto e il più basso, e non si può mai parlare di uno senza considerare anche l'altro.
Non c'è linguaggio adatto a questo paradosso. Qualunque cosa si possa dire, nessuna parola potrà mai esprimere tutto.
Parlare di aspetti parziali è sempre troppo o troppo poco, perché soltanto il tutto ha significato.
L'amore "soffre ogni cosa" e "sopporta ogni cosa" (I Cor., XIII, 7).
Queste parole dicono tutto ciò che c'è da dire; non c'è nulla da aggiungere.
Perché noi siamo, nel senso più profondo, le vittime o i mezzi e gli strumenti dell'"amore" cosmogonico. Pongo la parola tra virgolette per indicare che non la uso nei suoi significati di brama, preferenza, favore, desiderio, e simili, ma come un tutto superiore a una singola cosa, unico e indivisibile.
Essendo una parte, l'uomo non può intendere il tutto.
È alla sua mercé.
Può consentire con esso, o ribellarsi; ma sempre ne è preda e prigioniero.
Ne dipende e ne è sostenuto.
L'amore è la sua luce e le sue tenebre, la cui fine non può riuscire a vedere.
"L'amore non vien mai meno", sia che parli con la "lingua degli angeli", o che, con esattezza scientifica, tracci la vita della cellula risalendo fino al suo ultimo fondamento.
L'uomo può cercare di dare un nome all'amore, attribuendogli tutti quelli che ha a disposizione, ma sarà sempre vittima di infinite illusioni.
Se possiede un granello di saggezza, deporrà le armi e chiamerà l'ignoto con il più ignoto, ignotum per ignotius, cioè con il nome di Dio.
Sarà una confessione di imperfezione, di dipendenza, di sottomissione, ma al tempo stesso una testimonianza della sua libertà di scelta tra la verità e l'errore ". 
Tratto da "Ricordi sogni riflessioni" Carl Gustav Jung

martedì 11 agosto 2015

Il perpetuo fluire di tutte le cose..



Protagora aveva detto che l'uomo è misura di ciò che è, e questo è tutt'uno col dire che le cose appaiono a ciascuno, tali in realtà sono a ciascuno....
.....Protagora insegnava segretamente ai suoi discepoli, affermando che nulla è, ma tutto diviene; che l'essere in sostanza non è che mutazione.
E questa dottrina, nella quale consentono poeti e pensatori sommi, ha per se prove non insignificanti.
"Traslazione e sfregamento sono l'unico fiondo del divenire e dell'essere apparente.
Generazione del fuoco e del calore, che sono fonte e focolare di vita; sanità del corpo e progresso intellettuale; equilibrio vitale e moto eterno della natura, simboleggiati nell'aurea catena di Omero, svelano sotto l'essere apparente la continuità di questo divenire mobile"
Donde segue che la sensazione è sempre relativa. Colore, calore, perfino grandezza e numero non sono per sè, ma solo rispetto ad altro; e perchè non si pone mente a ciò, si cade nelle maggiori contraddizioni.
Bisogna però non farsi sentire dai non iniziati, da quei materialisti, cioè, rozzi e cocciuti che, credono soltanto a ciò che vedono con gi occhi o toccano con le mani, negano l'essere agli atti ed alle generazioni, a tutto quello, insomma, che è invisibile ed immateriale.
Gl'iniziati invece, di cui Socrate si propone di svelare i misteri, sono gente di ben altra cultura.
Il loro principio fondamentale è che tutto è moto.
Ora, il moto è di due specie, attivo e passivo; e ciascuna specie si risolve in infiniti atti.
Questi moti, incontrandosi, generano ad un tempo coppie infinite di numero: sensazioni da una parte, sensibili dall'altra.
Le sensazioni si dicono visioni, suoni, impressioni olfattive, impressioni di freddo, di caldo ecc..., ed anche piaceri, dolori, desideri, paure; e ce n'è molte altre a cui non si dà un nome.
I sensibili si chiamano colori, suoni e via dicendo.
Tutte queste cose si muovono, ma talune velocemente, altre lentamente.
Quando, per esempio, l'occhio ed un oggetto, attivo rispetto ad esso, vengono a contatto, la visione si stcca dall'occhio ed il colore dall'oggetto; onde l'occhio diviene veggente e l'oggetto colorato....
In breve, noi non possiamo parlare nè del soggetto sensiente nè dell'oggetto sentito come di cose che stiano da sè e per sè, ma sempre in relazione tra loro.
E questo principio si applica così ai singoli oggetti come a quei fasci di cose che si chiamano specie o nature.
....Che opinione si fa dei sogni, delle malattie, della follia, vale a dire di quelle condizioni individuali o morbose, permanentio transitorie, nelle quali le cose appaiono diverse della realtà, e se si debba riconoscere che anche qui sia vero che tutto quello, che a ciascuno appare, è vero a ciascuno e se inoltre s'abbia qualche valida prova da addurre a chi in un dato momento chiedesse se siamo desti o sogniamo.
In tutti quei casi dunque sembra che ci manchi il mezzo per discernere il vero.
Chi dorme o è malato prova una sensazione diversa e dissimile da chi è sano e sveglio; ma non per questo la sua sensazione è meno vera per lui nel momento in cui la prova.
L'uomo è misura di tutto, così questa a sua volta si fonda sul principio eracliteo del perpetuo fluire di tutte le cose.
Tratto e adattato da "La verità" Platone

domenica 9 agosto 2015

Inno a Iside






"Io fui mandata dal Potere,
ed Io sono venuta presso coloro che riflettono su di me,
ed Io sono stata trovata tra quelli che mi cercano.

Cercatemi, voi che meditate su di me,
e voi uditori, ascoltatemi.
Voi che mi state aspettando, portatemi a voi.
E non allontanatemi dalla vostra vista.
E non fate in modo che la vostra voce mi possa odiare, e neppure il vostro ascolto. 
Non ignoratemi, ovunque ed in ogni tempo. 
State in guardia!
Non ignoratemi.
Perché Io sono la prima e l’ultima.
Io sono l’onorata e la disprezzata.
Io sono la prostituta e la santa.
Io sono la sposa e la vergine.
Io sono la madre e la figlia.
Io sono le membra di mia madre.
Io sono la sterile
E molti sono i miei figli.
Io sono colei il cui matrimonio è grande, 
eppure Io non ho marito.
Io sono la levatrice e colei che non partorisce.
Io sono il conforto dei miei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
ed è mio marito che mi generò.
Io sono la madre di mio padre
E la sorella di mio marito
Ed egli è la mia progenie.
Io sono la schiava di lui, il quale mi istruì. 
Io sono il sovrano della mia progenie.
Ma egli è colui il quale mi generò prima del tempo, nel giorno della nascita.
Ed egli è la mia progenie, a suo tempo,
ed il mio potere proviene da lui.
Io sono l’appoggio del suo potere nella sua giovinezza, ed egli il sostegno della mia vecchiaia.
E qualsiasi cosa egli voglia, mi succede.
Io sono il silenzio che è incomprensibile,
e l’idea il cui ricordo è costante.
Io sono la voce il cui suono è multiforme
e la parola la cui apparizione è molteplice.
Io sono la pronuncia del mio nome.
Perché, voi che mi odiate, mi amate,
ed odiate quelli che mi amano?
Voi che mi rinnegate, mi riconoscete,
e voi che mi riconoscete, mi rifiutate.
Voi che dite la verità su di me, mentite su di me,
e voi che avete mentito su di me, dite la verità.
Voi che mi conoscete, ignoratemi,
e quelli che non mi hanno conosciuta,
lasciate che mi conoscano.
Perché Io sono il sapere e l’ignoranza.
Io sono la vergogna e l’impudenza.
Io sono la svergognata; Io sono colei che si vergogna.
Io sono la forza e la paura.
Io sono la guerra e la pace.
Prestatemi attenzione.
Io sono la disonorata e la grande. 
Prestate attenzione alla mia povertà e alla mia ricchezza.
Non siate arroganti con me quando Io sono gettata fuori sulla terra,
e voi mi troverete in quelli che stanno per giungere.
E non cercatemi nel mucchio di letame
Non andate lasciandomi esiliata fuori,
e voi mi troverete nei regni.
E non cercatemi quando sono gettata fuori tra
coloro che
Sono disgraziati e nei luoghi più miseri,
Non ridete di me.
E non lasciatemi fuori tra quelli che sono uccisi nella violenza.
Ma Io, Io sono compassionevole ed Io sono crudele.
State in guardia!
Non odiate la mia obbedienza
E non amate il mio auto – controllo.
Nella mia debolezza, non abbandonatemi,
e non siate spaventati del mio potere.
Perché voi disprezzate la mia paura
E maledite la mia gloria?
Ma Io sono colei che esiste in tutti i timori
E la forza nel tremare.
Io sono quella che è debole,
ed Io sto bene in un luogo piacevole.
Io sono la dissennata ed Io sono la saggia.
Perché mi avete odiata nelle vostre assemblee? 
Perché Io dovrò essere silenziosa tra quelli che sono silenziosi, ed Io dovrò apparire e parlare,
Perché quindi mi avete odiata, voi Greci?
Perché Io sono una barbara tra i barbari?
Perché Io sono la saggezza dei Greci
Ed il sapere dei Barbari. 
Io sono il giudizio dei Greci e dei barbari.
Io sono quella la cui immagine è grande in Egitto  
e quella che non ha immagine tra i barbari.
Io sono quella che è stata odiata ovunque
e quella che è stata amata in ogni luogo.
Io sono quella che essi chiamano Vita,
e che voi avete chiamato Morte.
Io sono quella che essi chiamano Legge,
e voi avete chiamato Illegalità.
Io sono quella che voi avete inseguito,
ed Io sono colei che avete afferrato.
Io sono quella che avete dispersa,
eppure mi avete raccolta insieme.
Io sono quella di cui prima vi siete vergognati, 
e voi siete stati svergognati verso di me.
Io sono colei che non riceve festeggiamenti,
ed Io sono quella le cui celebrazioni sono molte.
Io , Io sono senza Dio,
ed Io sono quella il cui Dio è grande.
Io sono quella sui cui avete meditato,
eppure voi mi avete disprezzata.
Io sono incolta,
ed essi imparano da me.
Io sono quella che voi avete disprezzata,
eppure riflettete su di me.
Io sono quella dalla quale vi siete nascosti,
eppure voi apparite a me.
Ma se mai vi nascondeste,
Io stessa apparirò.
Perché se mai voi appariste,
Io stessa mi nasconderò da voi"



venerdì 7 agosto 2015

L'Elemento Femminile e il rotondum come principio della totalità


Se il sorgere della luna nella notte avesse lo stesso splendore divino del sole...
Come la nostra regina "è cosparsa di deliziosi unguenti", così la dea celebrata negli atti di Tommaso (cap. 6) emana una soave fragranza.
Ella non è soltanto madre ma anche fanciulla, figlia della luce.
È la Sophia gnostica, che corrisponde alla Madre alchemica.
In primo luogo è innanzitutto il principio femminile dell'uomo, l'Anima che diviene visibile, in secondo luogo il chiarore lunare, che consente di vedere durante la notte e che rappresenta un'illuminazione dell'inconscio o la sua permeabilità alla luce.
Infine rappresenta il rotondum, la forma rotonda:
 il rotondo (plenilunio, circolo lunare) corrisponde in quanto immagine speculare del sole, all'uomo primordiale (Anthropos) che compare nel mondo sublunare, ossia - in senso psicologico- al Sé, alla totalità psichica.
La luna funge da collegamento tra l'idea della Vergine Madre e quella del bambino, che è rotondo, integro e perfetto.
L'idea della forma circolare viene anche espressa nella corona che simboleggia la regalità. La "corona del re" (corona regis) viene citata come sinonimo di cenere, corpo, mare, sale, madre e santa vergine, ed è dunque identificata con l'elemento femminile.
Questa relazione precipua dell'elemento rotondo con la Madre si chiarisce con il fatto che quest'ultima, ossia l'inconscio, è per così dire il luogo dove appare il simbolo della totalità.
Il fatto che il rotondo sia, diciamo così, contenuto nell'Anima e in un certo modo da essa annunciato conferisce a questa forma l'importanza e il fascino straordinario che sono peculiari, in senso buono e cattivo, dell'"eterno Elemento Femminile".
Il principio femminile appare dunque a un certo livello come l'autentico latore della totalità desiderata, ossia - in definitiva - della redenzione.
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung
Vedi anche:
Vedi anche Psicologia e alchimia pt 2 cap 2 ss19 e nota 38
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