lunedì 1 giugno 2015

La nigredo e la presa di coscienza dell'Ombra

La nigredo corrisponde all'oscurità dell'inconscio, che contiene in primo luogo la personalità "inferiore", l'Ombra.
Quest'ultima diviene una figura femminile che per così dire gli sta alle spalle e lo controlla: l'Anima di cui la Sulamith è una caratteristica esplicazione.
"Nigra sum, sed formosa" ("Sono nera, ma bella", Cantico dei Cantici 1.4), e non "brutta", come invece vorrebbe far credere il nostro Elaezar, dopo aver riconsiderato la questione. Giacchè la natura è deformata dalla colpa di Adamo, la nerezza va dunque considerata sinonimo di bruttura in quanto nerezza della colpa, in quanto stato iniziale saturnino, pesante e nero come il piombo.
Sulamith, la sacerdotessa di Istar, significa terra, natura, fecondità, tutto ciò che prospera sotto l'umida luce lunare, anche la pura e semplice "vita" naturale.
L'Anima è l'archetipo della vita stessa al di là di ogni significato e responsabilità.
Il fatto che -invertendo l'ordine della creazione- il vecchio Adamo debba nascere di nuovo da lei, si può capire, poiché, se c'è uno che sa vivere la vita naturale, questi è sicuramente il vecchio Adamo.
Si tratta di un Adamo rinato dalla figlia di Eva, un Adamo restaurato alla sua primitiva naturalità.
Eva genera un'altra volta Adamo e una nera Sulamith fa di nuovo venire alla luce l'Uomo primigenio nel suo stato irredento di naturalità.
Il cambiamento avviene all'interno, e non è il primo, ma il secondo. Il primo è infatti presupposto. Il cambiamento non avviene però nell'uomo normale, per quanto quest'ultimo possa identificarsi con il "vecchio Adamo", bensì nell'Uomo primigenio, in quell'archetipo che è presente in ognuno di noi.
Il primo cambiamento corrisponde perciò al divenir cosciente dell'Anima nera, che rappresenta l'aspetto femminile dell'Uomo primigenio. Ogni uomo si sente identico a lei, senza però esserlo veramente.
Per l'uomo è assai più difficile divenire cosciente dell'aspetto maschile dell'Anthropos che non di quello femminile. Giacché in tale archetipo v'è troppa nerezza perché si accetti di assumersela immediatamente, e vi sono troppi elementi buoni e positivi, perché si possa resistere alla tentazione di identificarvisi.
È perciò alquanto più facile vedere la nerezza proiettata.
La frase: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato il frutto dell'albero, e io ne ho mangiato" Genesi 3.12, rimane vera anche alla luce della psicologia più illuminata. All'insondabilità dell'aspetto femminile corrisponde tuttavia quella dell'aspetto maschile.
Per quanto si sia esseri umani, non si ha tuttavia alcun motivo o ragione di attribuirsi tutta l'elevazione e la bellezza che è dato all'uomo di ottenere, così come ripugnerebbe addossarsi la colpa di tutta l'abiezione e l'ignominia, che abbassano l'uomo al di sotto della bestia, a meno che una turba mentale non ci faccia "smarrire" sino al punto di identificarsi con l'archetipo.
La presa di coscienza rappresenta una grande illuminazione poiché è un'interiorizzazione dell'idea dell'Uomo primigenio, unità archetipica, trascendente i sessi.
La speranza che nutre Sulamith di diventare una "bianca colomba" allude a uno stato futuro di perfezione. La bianca colomba lascia intendere che Sulamith diventerà la Sophia e lo Spirito Santo,  mentre l'Adam Kadmon è un trasparente omologo di Cristo.
Eva in quanto principio femminile appare principalmente come ciò che sta "in basso" (inferiora), ossia come Malchùth (regno), Shekhinà (la dimora di Dio) o come Atarà (corona), un equivalente inferiore di Kether, la corona superiore.
Essa però è anche presente nell'"ermafrodito" del sistema delle Sefiroth, la cui metà destra viene designata come maschile e quella sinistra come femminile.
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

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