mercoledì 29 aprile 2015

L'assioma di Maria e il Nomen Essentiale YHWH



È una formula alchemica, l'assioma di Maria, la Copta o l'Ebrea,:
"L'Uno diviene Due, il Due diviene Tre, e dal Tre l'Uno procede come un quarto".
Nel trattato del Rabbi Abraham Cohen Irira si dice:
"Adam Kadmon è proceduto dall'Uno semplice e, in quanto tale, egli è l'Unità; ma al tempo stesso egli è disceso ed è sprofondato nella sua stessa natura, per cui è Due. E di nuovo viene ricondotto all'Uno che egli possiede in sé, e all'Elemento supremo, cosicché egli è il Tre e il Quattro".
Kabbala denudata
Questa riflessione si riferisce al nomen essentiale, al tetragrammaton, ossia alle quattro lettere del nome di Dio, delle quali "tre sono diverse e una è ripetuta due volte":
"Ed ecco perché il Nome Essenziale ha quattro lettere, tre diverse e una ripetuta due volte; poiché he è anzitutto la sposa di yod e in secondo luogo la sposa di wau. Essa è emanata anzitutto dallo yod, per via diretta, e poi dal  wau in via inversa e riflessa".
Si riferisce alla trascrizione senza vocali del nome YHWH, che si compone di tre lettere diverse, una delle quali è ripetuta due volte.
He (h) è femminile ed è assegnata in sposa allo yod (y) e al wau (w):
"He designa l'Essere che consiste di essenza e di esistenza (...) He è da ultimo l'immagine e la metafora dell'intelletto <cosmico> e della mente "
"Si chiama yod, perché è semplice; è qualcosa di unico e di originario, e simile all'Uno, poiché è anteriore a tutti i corpi nel numero e attraverso il punto. Il punto attraverso il movimento nella sua lunghezza produce la linea ossia il wau.
Il wau indica la via, che è l'emanazione e il movimento dell'essenza che si è manifestata in sé stessa; ed è il mezzo d'unione e di collegamento tra l'essenza e l'intelletto".
Kabbala denudata
Ne deriva da un lato che lo yod al primo posto e lo wau al terzo sono maschili, e che il femminile he, sebbene raddoppiato, è identico a sé stesso e dunque è una semplice unità.
Il nomen essentiale forma dunque una triade; tuttavia dal momento che lo he è raddoppiato, si tratta anche di una tetrade o quaternità, una perplessità che coincide con l'assioma di Maria.
Il tetragramma contiene il doppio matrimonio, anche la duplicità dello he femminile è archetipica, perché il quaternio coniugale presuppone da un lato la diversità delle figure femminili e dall'altro la loro identità.
La figura maschile coincide con la coscienza maschile, un ambito nel quale le differenze sono pressoché assolute. L'elemento femminile, sebbene duplice, è così poco differenziato che appare identico.
Questa figura duplice e tuttavia identica corrisponde perfettamente all'immagine dell'Anima la quale, a causa del suo stato prevalentemente "inconscio", presenta il carattere della non-differenziazione.
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

lunedì 27 aprile 2015

Il sangue "color rosa" e la prima materia



Dorneus e Khunrath attribuiscono il "sangue color rosa" sia al leone verde che al filius macrocosmi: "Il sangue color rosa e l'acqua eterica scorrono dal costato del figlio unigenito del macrocosmo (...) aperto con la potenza dell'Arte".
La rosa bianca e la rosa rossa sono sinonimi dell'albedo e della rubedo:
Dice Benedictus Figulus: "Non tralascerò di ammonirti di non rivelare ad alcuno, per caro che possa esserti, i tesori dei nostri segreti, per timore che le capre maleodoranti non divorino le rose rosse e le bianche del nostro roseto".
La tintura è di "color di rosa" e corrisponde al sangue di Cristo, che viene "paragonato e associato" al Lapis.
Cristo è la "pietra celeste fondamentale e angolare".
Il rosarium è un hortus conclusus e, come la rosa, un attributo di Maria, la quale è messa in parallelo con la prima materia "ben rinchiusa" (vedi Venere e la meretrix).
La relazione tra la dea dell'amore e il colore rosso risale già all'antichità, e il rosso scarlatto è il colore della grande Babilonia e della sua bestia.
Il rosso è il colore del peccato.
E il rosa è attributo sia di Venere che di Dioniso.
Nell'alchimia il rosso e il rosa, come abbiamo già visto, sono i colori del sangue, un sinonimo dell'aqua permanens e dell' "anima" che vengono estratte dalla prima materia e conferiscono vita al corpo "morto".
La prima materia è detta anche "meretrice" ed è paragonata alla "grande Babilonia", così come il drago e il leone sono paragonati al drago di Babilonia.
Il Lapis e filius regius è il figlio di questa meretrice. Nella tradizione ecclesiale però il "figlio della meretrice" è l'Anticristo, generato dal diavolo: "L'Anticristo nascerà nella grande Babilonia, da una meretrice della tribù di Dan. Il diavolo lo possederà nell'utero della madre e verrà allevato dai negromanti a Corazaim" Elucidarium di Onorio di Autun.
Certi simbolo ecclesiastici si rivelano nettamente a doppio senso.
Così succede anche per la rosa. È soprattutto un'allegoria di Maria e di svariate virtù. Il profumo di rosa caratterizza "l'odore soavissimo del corpo incorrotto dei santi", come nel caso di santa Elisabetta e santa Teresa.
Nello stesso tempo la rosa significa anche la bellezza (venustas) umana, anzi la voluptas mundi (o piaceri del mondo): "Come la rorida rosa fiorisce in mezzo alle spine, così le gioie di Venere non mancano mai di fiele" (Giorgio Camerario, cit. in Pincinelli, Mundus symbolicus).
Non è solo la rosa a brillare in tutti i colori dell'amore celeste e terreno, ma anche la figura femminile della madre-amante, la "casta sposa e meretrice", che rappresentano la prima materia, quel frammento che "la natura ha lasciato imperfetto".
Questo mitologema si riferisce all'Anima nel suo significato psicologico. Essa è quel frammento del caos che si trova ovunque ed è quindi nascosto, e un vaso di contraddizioni e di molti colori; è la totalità in forma di massa confusa, ma al tempo stesso è anche una sostanza dotata di ogni qualità, in cui si può esprimere la pienezza della divinità nascosta.
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

Vedi anche:
I colori oro e rosso di Roma
Iside come simbolo della Mater Alchimia
Significato di Materia
Materia e "materia"

venerdì 24 aprile 2015

Yin e Yang


Tutto ciò che è attivo, positivo o maschile è yang, tutto ciò che è passivo, negativo o femminile è yin. Yin Yang
Queste due categorie si ricollegano simbolicamente alla luce e all'ombra: in tutte le cose, il lato luminoso è yang e il lato oscuro è yin; ma, dato che l'uno è inseparabile dall'altro, essi appaiono più come complementari che come opposti.
Non si dovrebbe perciò interpretare questa distinzione tra luce ed ombra in termini di "bene" e "male" come talora avviene in altre tradizioni come il Mazdeismo.
Il senso più generale in cui queste stesse denominazioni di yang e di yin si estendono ai termini di ogni complementarismo  trova innumerevoli applicazioni in tutte le scienza tradizionali; la medicina tradizionale cinese, in particolare, è in certo modo interamente basata sulla distinzione tra lo yang e lo yin:
ogni malattia è dovuta a uno stato di squilibrio, cioè a un eccesso di uno di questi due termini rispetto all'altro, bisogna quindi rafforzare quest'ultimo per ristabilire l'equilibrio, e si colpisce così la malattia nella sua stessa causa, anzichè limitarsi a curare sintomi più o meno esterni e superficiali come fa la medicina profana degli occidentali moderni.
Yang è ciò che procede dalla natura del Cielo e yin è ciò che procede dalla natura della Terra e da questo complementarismo derivano tutti gli altri;
l'aspetto yang degli esseri risponde a quanto vi è di più "essenziale" o di "spirituale", ed è noto che nel simbolismo di tutte le tradizioni  lo Spirito è identificato alla Luce;
l'aspetto yin è quello per il quale essi dipendono dalla "sostanza", e quest'ultima, per via dell'"intellegibilità" inerente alla sua indistinzione o al suo stato di pura potenzialità, può essere propriamente definita come l'oscura radice di ogni esistenza.
Prendendo in prestito il linguaggio aristotelico e scolastico, yang è tutto ciò che è "in atto" e yin è tutto ciò che è "in potenza", ovvero che ogni essere è yang sotto l'aspetto in cui è "in atto" e yin sotto l'aspetto in cui è "in potenza", dato che questi due aspetti sono necessariamente compresenti in tutto ciò che è manifestato.
Il Cielo è interamente yang e la Terra è interamente yin, il che vuol dire che l'Essenza è atto puro e la Sostanza potenza pura; in tutte le cose manifestate, lo yang non è mai senza lo yin nè lo yin senza lo yang.
Se consideriamo lo yang e lo yin sotto il loro aspetto di elementi maschile e femminile, potremmo dire che, in virtù di questa partecipazione, ogni essere in un certo senso e in una certa misura è "androgino" e che lo è in modo più completo quanto più sono equilibrati in lui questi due elementi.
La Terra appare con la sua faccia "dorsale" e il cielo appare con la sua faccia "ventrale" per questo lo yin è "all'esterno" mentre lo yang è "all'interno". In altre parole, gli influssi terrestri, che sono yin, sono sensibili, mentre gli influssi celesti, che sono yang, sfuggono ai sensi e possono essere colti unicamente dalle facoltà intellettuali.
Lo yin e lo yang, considerati separatamente, hanno come simboli lineari quelle che vengono chiamate le "due determinazioni"(eul-i), cioè il tratto intero e il tratto spezzato che sono gli elementi dei trigrammi e degli esagrammi dello Yi-king: questi ultimi rappresentano tutte le combinazioni possibili dell'integralità del mondo manifesto.
Lo yin e lo yang si mescolano in proporzioni diverse e il primo e l'ultimo esagramma sono formati da sei tratti pieni e sei spezzati e rappresentano la pienezza del Cielo o della Terra.
Quando i due termini yin e yang sono uniti  sono rappresentati dal simbolo chiamato proprio yi-yang che rappresenta il "circolo del destino individuale":
la parte yin e la parte yang rappresentano rispettivamente la traccia degli stati inferiori e il riflesso degli stati superiori rispetto a un determinato stato dell'esistenza, quale lo stato individuale umano.
E' il simbolo dell'Androgino primordiale, perchè i suoi elementi sono i due principi  maschile e femminile, è anche l'Uovo del Mondo  le cui due metà, quando si separeranno saranno rispettivamente il Cielo e la Terra.
Le due metà sono delimitate da una linea sinuosa che indica una reciproca compenetrazione dei due elementi, tale linea sinuosa è formata da due semicirconferenze il cui raggio è pari alla metà di quello di quello della circonferenza che costituisce il contorno della figura e la cui lunghezza totale è pari alla metà di quella di detta circonferenza, sicchè ciscuna delle due metà della figura è compresa entro una linea di lunghezza pari a qualla che comprende l'intera figura.
Il simbolo di Tai-ki che così appare come la sintesi dello yin e dello yang, a patto di precisare che tale sintesi, essendo l'Unità prima, è anteriore alla differenziazione dei suoi elementi e perciò assolutamente indipendenti da questi; si può propriamente parlare di yin e yang solo in relazione al mondo manifestato che in quanto tale procede interamente dalle "due determinazioni":
"I diecimila  esseri sono prodotti (tsao) da Tai-i (che si identifica con Tai-ki), e modificati (houa) da yin.yang"
perchè tutti gli esseri provengono dall'Unità principiale ma le loro modificazioni nel "divenire" sono dovute alle reciproche azioni e reazioni delle "due determinazioni".
Vedi anche:
Bianco e Nero

mercoledì 22 aprile 2015

Il Cristallo e la Pietra


"La materia zaffirica è quel liquido in cui non v'è materia che si guasti" Dorneus
Nell'alchimia l'aurum nostrum è il "cristallino"; il tesaurum philosophorum è un cielo di vetro simile al cristallo duttile come l'oro"; la tincura auri è trasparente come il cristallo, fragile come il vetro".
La Grotta dei tesori siriana dice che il corpo di Adamo brillava "come la luce di un cristallo".
Nel linguaggio della Chiesa il cristallo, "che appare altrettanto puro dentro che fuori", viene riferito al candor illaesus (purezza incontaminata) di Maria.
Secondo san Gregorio Magno, il trono della visione di Ezechiele è stato giustamente paragonato allo zaffiro, dato che questa pietra ha il colore dell'aria.
Questo autore paragona anche Cristo stesso al cristallo, e lo fa in termini che costituiscono un modello diretto per il linguaggio e le idee nell'alchimia: il corpo del Salvatore, egli dice, è simile all'acqua, si è mosso con agilità attraverso tutte le vicissitudini della sua vita, fino a giungere alla Passione.
Esso è passato dalla corruzione alla stabilità dello stato incorruttibile, così come l'acqua si solidifica in un cristallo immutabile. Per i giusti  questo cristallo è una cosa bella da contemplare, mentre è orrendo agli occhi degli empi.
Il collegamento tra acqua e cristallo si trova anche nell'opera quabballistica Sifra de Zeniutha: "La seconda forma viene detta 'rugiada cristallina', e viene costituita dalla Severità del Regno del primo Adamo, severità che faceva parte della Saggezza del Macroprosopos: perciò nel cristallo appare un distinto color rosso [Il Macroprosopos corrisponde alla prima triade del sistema Azilúth: Kether (corona), Binà (intelligentia) e Hokhmà (sapientia).
 "È certo che l'En Soph è al tempo stesso padre, madre e corona, saggezza e intelligenza del mondo emanativo dopo la restaurazione". Questa triade costituisce una vera e propria Trinità].
E questa forma è la Saggezza di cui si è detto che dà origine ai giudizi".
"Pietra" è l'essenza di qualcosa di solido, irremovibile e terreno. È la "materia" femminile, la cui idea penetra nella sfera del simbolismo spirituale. In proposito le allegorie ermeneutiche della "pietra angolare" (lapis angularis) e della pietra "che si staccò dal monte, ma non per mano di un uomo" (lapis de monte sine manibus abscissus), che venivano impiegate dalla Chiesa in riferimentoa Cristo, non hanno avuto un'influenza causale, ma furono impiegate dagli alchimisti per giustificare il loro simbolo.
La pietra è ben più di un'"incarnazione" di Dio; è una concretizzazione, una materializzazione che si spinge fino al più oscuro regno inorganico della materia o che addirittura deriva da esso, vale a dire da quella componente della divinità che si è posta in contrasto con il creatore, poiché essa è rimasta latente nella panspermia (fecondazione univesale), come principio formativo dei cristalli, dei metalli e degli organismi viventi.
Vedi anche:
La simbologia del diamante
L'acqua
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

lunedì 20 aprile 2015

Il Sè e la peregrinatio mistica

 
La struttura della totalità esiste già da tempo immemorabile, ma è sepolta nei più intimi recessi dell'inconscio, dove può ad ogni momento essere riscoperta, a patto che si accetti il rischio di raggiungere la massima ampiezza di coscienza possibile mediante la massima autoconoscenza possibile....una bevanda aspra e amara riservata di solito ai dannati dell'inferno.
Il trono di Dio si direbbe una ricompensa non di poco conto per le fatiche.
L'autoconoscenza non è solo un passatempo intellettuale, ma un viaggio attraverso i quattro continenti, dove si è esposti a tutti i pericoli sia del mare che della terra, sia dell'aria che del fuoco.
Un atto di conoscenza totale, degno di questo nome, abbraccia i quattro - i 360 -  aspetti dell'Essere.
In una simile impresa non si può "prescindere" da nulla.
Negli esercizi spirituali di Ignazio Loyola in cui si passa con l'immaginazione attraverso i cinque sensi ovvero l'imitatio Christi, egli intende mirare alla "realizzazione" più perfetta  possibile dell'oggetto di contemplazione.
Una simile meditazione ha principalmente l'effetto di operare un addestramento della coscienza, della capacità di concentrazione, dell'attenzione e della chiarezza di pensiero.
Le forme corrispondenti di yoga hanno un effetto identico.
In opposizione a queste modalità tradizionali di realizzazione, dove si tratta di calarsi in una forma prescritta da altri, nell'autoconoscenza di Michael Maier si tratta di immedesimarsi nel Sé, così come lo si trova empiricamente.
Non è dunque quel "Sé" che ci piace rappresentarci, bensì l'Io empirico, tal quale esso è, con tutto ciò che esso fa e che gli accade.
Ci si vorrebbe proprio sbarazzare di questo oggetto odioso, ed ecco perché l'Oriente considera l'Io un'illusione, mentre l'Occidente l'offre in sacrificio alla figura di Cristo.
La peregrinatio mistica  mira, al contrario, a comprendere ogni parte del mondo, ossia tutta la possibile estensione della coscienza, come se il principio direttivo di questa impresa mistica fosse l'idea di Carpocrate secondo cui non ci si è liberati da un peccato sinché non lo si ha commesso.
La tendenza fondamentale della peregrinatio  non è dunque quella di distogliersi dall'empirico "essere come si è", bensì quella di compiere l'esperienza più completa possibile dell'Io che si riflette nelle "diecimila cose":
Dice Angelus Silesius (Il pellegrino cherubico, III. 118):
«Uomo, purché in te stesso tu entri! Che secondo la pietra dei savi non si può viaggiare per primi in straniera regione»
"Nessuno però ha mai potuto scoprire sé stesso senza il mondo".
Non siamo lontani da una seconda paradossale affermazione dello stesso:
«Dio è il mio centro, se io in me lo chiudo:
Ed è il mio circolo, se per amore in lui mi struggo» (Io pellegrino cherubico, III. 148).
Tratto da "Mysterium Conictionis" di C.G.Jung

sabato 18 aprile 2015

Non impeditevi di sognare...


Quando non si facessero più sogni audaci,
anche le azioni audaci sulla Terra cesserebbero.
I sogni audaci sono il carburante indispensabile
per il motore del Fare.
I sogni audaci sono la miccia d'oro
per la forza vitale dell'Essere.
Ciò che non si può sognare
non si può fare.
Rialzatevi!
Non impeditevi di sognare,
seminate ovunque
i sogni più belli
i sogni più audaci
sorti dall'Anima con ruggito. 
Questo lo sappiamo...tutti i nostri antenati.. e a volte anche noi, nei tempi moderni, abbiamo attraversato nella vita un indicibile, quasi insopportabile qualcosa, un evento tanto improvviso, tanto distruttivo, che pareva dovesse annientare la nostra forza vitale.
Eppure al centro di foreste di afflizione, in lontananza c'è sempre una radura d'oro, viva, fertile, ricca di cuore e anima a sufficienza da sfamare tutti coloro che vi giungono.
Questo cuore inestinguibile d'Amore protegge l'essenza della forza vitale, là, anche quando tutto il resto non è che un cumolo di rovine.
Noi siamo piante verdeggianti in quella radura d'oro.
A dispetto della morte di sogni o Sognatori, a dispetto di qualunque massacro, la nostra essenza è in qualche modo protetta, nuovamente nutrita da un qualcosa xche non può essere distrutto.
la Madre, datrice di nuova vita, sarà richiamata in vita per sempre di nuovo dall'amore e dal desiderio di lei della gente...e dal suo amore e desiderio per la gente.
...La quintessenza della madre...e non incoraggia i suoi figli e figlie ferite a vivere in questo mondo da deboli... ma semmai da guerrieri...levando la voce, levandoci in piedi a rivendicare i nostri diritti... riversa la sua forza in noi, che almeno una volta nella vita siamo stati profondamente turbati, scossi, scioccati, annientati, violati e lasciati come morti.
China sulle nostre ferite e ossa rotte spirituali, lei ci esorta a smettere di crederci soli nelle prove che affrontiamo.
Tratto da "Forte è la Donna" di Clarissa Pinkola Estès


venerdì 17 aprile 2015

Caduceo e bastone di Esculapio

Per spiegare la formazione del caduceo si narra che Mercurio vide due serpenti  che si azzuffavano (figura del caos);
egli li divise (distinzione dei contrari) con una bacchetta (determinazione di un asse in base al quale il caos si ordinerà per diventare il Cosmo), intorno alla quale essi si arrotolarono (equilibrio delle due forze contrarie, che agiscono simmetricamente rispetto all'"Asse del Mondo").
Bisogna anche notare che il caduceo (Kérukeion, insegna degli araldi) è considerato l'attributo  caratteristico di due funzioni complementari di Mercurio o Ermete: da un lato, quella di interprete o messaggero degli dèi e, dall'altro, quella di "psicopompo", che conduce gli esseri attraverso i loro mutamenti di stato, oppure nei passaggi da un ciclo di esistenza a un altro;
e infatti queste due funzioni corrispondono rispettivamente ai due sensi discendente e ascendente delle correnti rappresentate dai due serpenti.


La medicina per gli antichi rientrava nell'"arte sacerdotale", proprio per questo corrisponde a una posizione verticale della doppia spirale, in quanto mette in azione le forze rispettive dello yang e dello yin.
Questa doppia spirale verticale è rappresentata dal serpente arrotolato a S intorno al  bastone di Asclepio:
in questo caso il serpente è uno solo, a indicare che la medicina mette in opera solo l'aspetto "benefico" della forza cosmica.
Si noti come il termine "spagiria", che designa la medicina ermetica, esprime formalmente, nella sua composizione, la duplice operazione di "soluzione" e di "coagulazione";
l'esercizio della medicina tradizionale è quindi propriamente un'applicazione, un ordine particolare del "potere delle chiavi".
Tratto da "La Grande Triade" di R.Guènon

mercoledì 15 aprile 2015

Pavone: il significato simbolico


Alla cauda pavonis corrisponde Iride, l'arcobaleno in quanto fenomeno cromatico, soggetto iconografico prediletto dalle stampe e dai manoscritti antichi.
Esso significa "omnes colores", ossia l'integrazione di tutte le qualità, un'illustrazione dell'Amphitheatrum sapientiae di Khunrath lo pone logicamente sulle due teste del Rebis, del quale esso rappresenta evidentemente l'unità.
È indicato come l'"uccello di Ermete" e come benedicta viriditas, epiteti che rimandano entrambi allo Spirito Santo.
La cauda pavonis viene anche chiamata "anima del mondo, natura, quintessenza, che fa germogliare tutte le cose".
Il verde è il colore predominante e quindi associato al pavone, colore che simboleggia anche lo Spirito Santo, la vita, la procreazione e la risurrezione.
Insieme alla fenice il pavone è l'antico simbolo cristiano della risurrezione.
In Dorneus il "corpo morto spirituale" è "l'uccello senz'ali" che "di trasforma nella testa di corvo e infine nella coda di pavone, per acquisire quindi le più candide piume di cigno e, alla fine, il rosso più rutilante, segno della sua natura ignea".
Questa frase contiene una chiara allusione alla fenice che, insieme al pavone, svolge un ruolo considerevole nell'alchmia, principalmente come sinonimo del Lapis.
La cauda pavonis annuncia la fine dell'Opus, allo stesso modo in cui Iride (l'arcobaleno) è la "messaggera di Dio".
Lo splendido gioco cromatico della ruota del pavone preannuncia l'imminente sintesi di tutti i colori, vale a dire di tutte le qualità e di tutti gli elementi, che sono uniti nella "rotondità" della pietra filosofale.
Nell'alchimia la comparsa della "coda di pavone" indica che si approssima il compimento dell'Opera, ossia la nascita filius regius.
Il pavone è l'uccello di Giunone, e Giunonia è uno dei tanti epiteti di Iride.
Come la regina madre o la madre degli dei garantisce il rinnovamento, così il pavone rinnova ogni anno le sue piume e si trova perciò in relazione con tutte le trasformazioni della natura.
Pincinelli per esempio afferma che il pavone -contrapposto al sole- significa l'"uomo giusto", il quale "anche se adorno dei colori di mille virtù", partecipa comunque "della maggior gloria della presenza divina"; allo stesso modo esso rappresenta l'uomo che "macchiatosi di ripetute colpe, risorge all'integrità dello spirito (ad animi integritatem)".
Il pavone esprime la  "bellezza interiore (venustas)" e la "perfezione dell'anima".
Merula afferma che il pavone vuota e distruggere un vaso contenente il veleno; un aspetto questo, che si può fondare sul significato alchemico del pavone: quest'ultimo, in effetti, consente e rappresenta la trasformazione del drago venefico nel farmaco salutare.
Il pavone simbolo del Sé e della sua capacità di garantire la rinascita, di cui proprio egli è l'emblema.
Secondo Sant'Agostino, la carne del pavone ha la peculiarità di non imputridire (anche quando il pavone è morto, la sua carne non imputridisce, né manda odore fetido, ma rimane come se fosse preparata con sostanze aromatiche), essa è come direbbero gli alchimisti un cibus immortalis, come i frutti dell'arbor philosophica.
Le sue uova sono utilizzate per la preparazione del color oro.
Il suo cervello serve a preparare un filtro d'amore, il suo sangue, se viene bevuto, scaccia i demoni e i suoi escrementi curano l'epilessia (Delatte).
In Cina l'analogia più prossima è costituita dal fluttering Chu-Niao, l'"uccello scarlatto"; esso ha cinque colori, vale a dire la totalità dei colori, cifra che corrisponde ai cinque elementi e alle cinque direzioni dello spazio.(trattato di Wei Po-yang del 142 d.C.).
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

lunedì 13 aprile 2015

Orientamento Polare e Solare

Nell'epoca primordiale l'uomo era perfettamente equilibrato riguardo al complementarismo dello yin e dello yang:
Egli era yin o passivo rispetto al solo Principio, e yang o attivo rispetto al Cosmo o all'insieme delle cose manifestate; perciò egli si volgeva naturalmente verso Nord che è lo yin, come verso il proprio complementare.
L'uomo delle epoche ulteriori, in seguito alla degenerazione spirituale, che corrisponde al cammino discendente del ciclo, è diventato yin rispetto al Cosmo; egli deve perciò rivolgersi verso Sud che è lo yang, per riceverne gli influssi del principio complementare a quello divenuto in lui predominante, e per ristabilire l'equilibrio tra yin e yang.
Il primo di questi due orientamenti può essere detto "polare", mentre il secondo è propriamente "solare": nel primo l'uomo guarda la Stella polare o "culmine del Cielo", ha l'Est alla propria destra e l'Ovest alla propria sinistra;
 

Nel secondo caso guardando il Sole a mezzogiorno, ha invece l'Est a sinistra e l'Ovest a destra.

Nella tradizione estremo-orientale nelle carte e nelle piante, il Sud è posto in alto e il Nord in basso, l'Est a sinistra e l'Ovest a destra, disposizione che è conforme al secondo orientamento, eccezione che esisteva tra gli antichi Romani e sopravvisse anche per una parte del medioevo occidentale.
In Cina, in genere, il lato preminente è la sinistra.
Secondo la corrispondenza universalmente ammessa tra le stagioni e i punti cardinali, la primavera corrisponde all'Est e l'autunno all'Ovest, l'estate al Sud e l'inverno al Nord:
Tale corrispondenza strettamente conforme alla natura delle cose, è comune a tutte le tradizioni, qui è proprio il Sud a essere avanti e il Nord indietro, mentre l'Est è a sinistra e l'Ovest a destra.
Si può accostare a quanto detto il seguente testo dello Yi-king: 
"Il Saggio ha il viso rivolto verso Sud e ascolta l'eco di ciò che è sotto il Cielo (ossia del Cosmo), lo illumina e lo governa".
Vedi anche: Destra e Sinistra
Tratto da "La Grande Triade" di R.Guenon

Tratta da "La Grande Triade"

venerdì 10 aprile 2015

La natura femminile dell'otto


Origene si procurò un diagramma simile a quello utilizzato da Celso nel suo trattato e vi aveva scoperto i nomi dei sette angeli, ai quali quest'ultimo aveva fatto allusione.
Il principe degli angeli è chiamato il "dio maledetto", ed essi stessi vengono designati in parte come angeli della luce, in parte come "arconti" (secondo le affermazioni di Celso).
Il Deus maledictus si riferisce al demiurgo della tradizione ebraico-cristiana, come fa opportunamente notare Origene.
Yahwèh appare qui chiaramente come il principe e il padre dei sette arconti.
Il primo ha la "forma leonina" e si chiama Michaèl; il secondo e un toro e si chiama Suriél, ossia colui che ha forma di toro; il terzo, dalla forma di drago, è Rafaèl; il quarto è Gabrièl in forma di aquila; il quinto, Thauthabaòth, ha la faccia di orso; il sesto, Erathaòth, ha il volto canino; il settimo, infine, "dal volto asinino", viene chiamato Onoèl o Taphabaòth ovvero Thauthabaòth.
I sette arconti corrispondono ai sette pianeti e significano anche altrettante sfere munite di porte che l'adepto deve oltrepassare nella sua ascesa.
Qui si trova l'origine dell'Ogdoade la quale dev'essere composta dai sette e dal loro padre Yahwèh.
Il "primo e  settimo" si chiama Ialdabaòth, come già detto questo arconte ha la testa leonina o presenta sembianze di leone esso corrispondetebbe a Michaèl del diagramma ofitico, che nell'elenco degli angeli compare al primo posto.
Ialdabaòth significa "figlio del caos" e, di conseguenza, è il primogenito di un nuovo ordine che sostituisce lo stato primigenio di caos. In quanto primo figlio, Ialdabaòth ha in comune con Adamo il fatto di essere anche l'ultimo della serie.
La più esterna delle sfere planetarie o degli arconti è quella di Saturno (vedi anche: )
Quest'ultima sarebbe racchiusa, all'esterno, della sfera delle stelle fisse che, nel diagramma, corrisponde al Leviathàn come decimo cerchio.
In tale sistema l'ottava sfera è l'Achamòth (=Sophia, sapientia), dunque di natura femminile.
Per introdurre il diagramma, Celso descrive l'immagine di una scala a sette porte sormontata da un'ottava.
La prima porta è quella di Saturno ed è correlata al piombo. La settima è l'oro e rappresenta il sole.
La scala rappresenta il "passaggio dell'anima" (animae transitus). L'ottava porta corrisponde alla sfera delle stelle fisse.
L'archetipo del Sette ricompare sia nella suddivisione della settimana e nella denominazione dei suoi giorni, che nell'ottava musicale, in cui l'ultima nota significa sempre l'inizio di un nuovo ciclo.
Ciò potrebbe spiegare perché l'ottavo elemento appaia di genere femminile: esso è la madre di una nuova serie.
Nella successione dei profeti ricordati nelle Omelie clementine l'ottavo è Cristo.
In quanto primo e secondo Adamo, egli dapprima apre e chiude la serie dei sette, mentre in seguito comprende in sé le sette virtù dello Spirito Santo.
Questi elementi mostrano la natura particolare dell'otto e la tendenza a considerare come femminile tale numero anche nella gnosi cristina.
In Boehme quest'idea si manifesta nell'affermazione secondo cui Cristo sarebbe una "vergine nell'animo".
Il Lapis e l'androginia di Cristo
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

mercoledì 8 aprile 2015

Fuoco


La terra alchemica è la sostanza arcana che viene messa i  relazione con i corpo di Cristo e anche, in quanto adamà, con la terra rossa del Paradiso.
Il nome di Adamo infatti, viene tradizionalmente fatto derivare da adamà, ed è per tale ragione che anche la terra del Paradiso venne collegata al corpo mistico.
Questo adamà deve essere "mescolato" al fuoco.
Occorre ricordare l'idea alchemica di ignis gehennalis [fuoco della Gehenna], del fuoco centrale, grazie al cui calore e alla cui energia la natura può essere verdeggiante e rigogliosa:
"Perciò il fuoco al centro della terra è il fuoco più vasto e più bruciante (egli si concentra là a partire dai raggi del sole); è chiamato abisso od Orco e non esiste altro fuoco sublunare: la feccia infatti o i residui terrestri dei principi designati, ossia il calore del sole e dell'acqua sono fuoco e terra: essi sono destinati ai dannati" Mennens
In esso risiedono il serpens mercurialis, la salamandra che non può bruciare nel fuoco e il drago che di fuoco si alimenta:
"E' in effetti ciò che vince il fuoco e non è vinto dal fuoco, ma riposa amichevolmente in lui godendone" Geber
Sebbene questo fuoco si una porzione dello Spirito di Dio (il "fuoco della collera divina" come lo ha chiamato Jacob Boehme), tuttavia esso indica anche Lucifero, che era il più bello tra gli angeli di Dio e che poi è divenuto fuoco infernale stesso.
Un'altra fonte per l'adamà mescolato al fuoco potrebbe essere costituita dall'immagine del Figli dell'uomo dell'Apocalisse 1.14.sgg.:
"La sua testa poi i suoi capelli erano bianchi come la bianca lana, come la neve, i suoi occhi erano comme fiamma di fuoco e i suoi piedi erano simili al bronzo prezioso arroventato in una fornace, mentre la sua voce era come il fragore di molte acque....."
Il capo viene paragonato al sole e al biancore (albedo) della luna piena.
I piedi invece, in  quanto parte inferiore della figura, si trovano per così dire nel fuoco e risplendono come metallo fuso.
Incontriamo il fuoco "infernale" in Giobbe 28. 5: "Terra (...) igne subversa est", la terra è stata sconvolta dal fuoco. Ma su di essa cresce il pane: un 'immagine, questa, dell'unione degli opposti supremi.
La testa d'oro, ricoperta da argentei capelli lunari, e il corpo di terra rossa frammista a fuoco rappresentano l'interno di una figura nera, brutta e velenosa... Tali qualità negative vanno chiaramente intese in senso morale, sebbene esse significhino al tempo stesso, in senso chimico, il plumbum nigrum (piombo nero) dello stato iniziale.
L'interno è costituito dal secondo Adamo, un Cristo mistico, come si può vedere dall'allegoria del leone strangolato da Sansone e divenuto l'abitazione di uno sciame di api produttrici di miele.
Con ciò si allude all'enigma posto da Sansone stesso ai Filistei: "Dal divoratore è uscita la vivanda, e dal forte è venuta la dolcezza".
Queste parole alludono al corpus Christi, all'ostia che è un "alimento degli eroi".
Tratto da "Mysterium Conictionis" di C. G. Jung




lunedì 6 aprile 2015

La fenice e Cristo

L'ermeneutica cristiana ha trasformato la fenice in allegoria di Cristo, il che costituisce un'eccellente interpretazione del mito.
All'autoincenerimento della fenice corrisponde l'autosacrificio di Cristo; alla cenere corrisponde il suo corpo sepolto; e al risorgere dell'uccello meraviglioso fa da contrappunto la risurrezione di Cristo.
La vitalità del mito della fenice è dimostrata dal fatto che esso è stato ripreso e assimilato, mediante l'interpretazione, dal cristianesimo.
Ciò è tuttavia anche prova della vitalità del cristianesimo stesso, che seppe interpretare e assimilare una gran quantità di miti.
Non va qui sottovalutato il significato dell'ermeneutica; essa ha infatti un effetto benefico sulla psiche, poiché all'oggi unisce consapevolmente il lontano passato, la vita psichica dei nostri avi, che vive ancor sempre nell'inconscio e in tal modo stabilisce il legame - di così straordinaria importanza sul piano psichico - tra coscienza orientata verso il momento presente e l'anima storica che vive in spazi temporali di durata infinita.
Le religioni, in quanto sono le più conservatrici di tutte le produzioni dello spirito umano, costituiscono in sé stesse un ponte salutare che ci lega a un passato eterno, e ci insegnano la presenza viva di quest'ultimo.
Una religione divenuta incapace di assimilare il mito ha dimenticato la sua funzione più importante.
La vitalità spirituale riposa sulla continuità del mito e quest'ultima può essere garantita solo se ogni epoca traduce il mito nel suo linguaggio e lo trasforma in un contenuto del proprio spirito.
La Sapientia Dei che si manifesta nell'archetipo fa si che anche le più forti deviazioni ritornino costantemente alla posizione centrale.
Così il fascino esercitato dall'alchimia filosofica è dovuto in buona parte dal fatto che essa ha potuto dare nuova espressione a un gran numero di importantissimi archetipi.
Secondo Orapollo la fenice rappresenta l'anima e il suo pellegrinaggio verso la terra della rinascita.
Essa indicherebbe anche la "durevole restaurazione delle cose"; anzi, incarnerebbe la trasformazione stessa: "Infatti mentre nasce questo uccello, si verifica la trasformazione e il rinnovamento del mondo".
I concetti di restitutio (Atti degli apostoli 3. 21) e di instauratio in Christo ( ricapitolazione, Efesini 1. 10) possono aver favorito in maniera sostanziale l'allegoria della fenice, oltre il tema centrale dell'autorinnovamento.
Vedi anche:
Zolfo Drago Cristo
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

domenica 5 aprile 2015

Il simbolo delle colombe


Le colombe di Diana mitigano la malignità.
Le binae columbae (due colombe) formano una coppia, e più precisamente una coppia di innamorati.
Le colombe sono infatti gli uccelli di Astarte: "Nella sublimazione filosofica o prima preparazione di Mercurio, all'alchimista si presenta un compito erculeo (...) La soglia è infatti custodita da belve munite di corna (...) La loro ferocia sarà placata solo dalle insegne di Diana è dalle colombe di Venere, se sarai scelto dal fato (Arcanum hermeticae philosophiae).
Le colombe stesse sono in origine "corvorum pulli" (piccoli dei corvi).
Le sacerdotesse i Istar sono "colombe", così come le sacerdotesse della divinità dell'Asia Minore vengono dette Pleiadi, "colombe selvatiche".
La colomba è pure un attributo della Dea Madre ittita raffigurata in posizione oscena.
Nell'alchimia esse rappresentano (come tutti gli esseri alati) degli spiritus o delle anime, oppure in, termini tecnici , l'aqua, ossia la sostanza di trasformazione estratta.
La coppia di colombe allude alle nozze imminenti del filius regius e l'eliminazione degli opposti che risulterà dall'unione.
"Che ti sia qui propizia Diana, lei che sa domare le bestie feroci e le cui due colombe mitigheranno con le loro ali la malignità dell'aria...." Introitus apertus
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung

sabato 4 aprile 2015

Malattia: spirito e corpo

Dorneus, commentando la citazione di Ermete "Ideo fugiet a te omnis obscuritas", afferma:
Egli dice infatti: "Perciò fuggirà da te ogni oscurità"...
"Oscurità" non significa null'altro che infermità e patimenti sia del corpo che dello spirito (mentis)...
L'intento dell'autore è in genere quello di insegnare che coloro i quali hanno ottenuto il rimedio spagirico guariscono tutte le infermità e le sofferenze sia del corpo che dello spirito per mezzo di una dose estremamente ridotta, grande come un granello di senape, assunta in qualche modo, a causa dell'efficacia e semplicità dell'unione nel farmaco, che non consente di resisterle ad alcuna varietà delle numerose malattie.
Del resto esistono molte oscurità e infermità dello spirito (mentis), come l'insania (vesania), la mania, la furia, la stupidità (stoltadis) e altre affezioni di ogni genere dalle quali l'intelletto (animus) è ottenebrato e accecato; esse verranno completamente sanate da un simile rimedio spagirico.
Non solo esso rende la sanità all'intelletto (animo), ma rende più acuti lo spirito (ingenium) e l'intelletto (mentem) dell'uomo, cosicché tutto ciò che si riferisce al miracolo (guarigione) diviene per loro facile da capire (intellectu) e da percepire (perceptu) e non rimane loro nascosto nulla di ciò che è contenuto nelle regioni superiori e inferiori."
Unionis semplicitas si riferisce alla dottrina della res simplex Platonica.
Simplex è ciò che Platone chiama intellegibile non sensibile.
"Semplice è la parte non soggetta ad opinione"; è ciò che è "indivisibile", "di un'unica essenza".
L'anima è simplex.
"L'opera non raggiunge la perfezione se non è trasformata in cosa semplice"....
La malattia è un'impressio mali (impronta del male) e viene guarita tramite "la repressio mali (repressione del male) mediante l'azione che il centro vero e universale esercita sul corpo".
Il centro è l'Unarius o l'Uno su cui si fonda l'unicus homo (l'uomo che è diventato uno con sé stesso).
Se egli vuole dunque sanare le sue infermità fisiche e spirituali, si applichi a conoscere con precisione il centro, e vi si dedichi totalmente, e il centro sarà liberato da ogni imperfezione e infermità.
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.GJung

I link sottostanti sono fonte di ricerche, esperienze dirette e personali, di curiosità e di ribellione verso la medicina convenzionale che di fatto sta causando più danni di quanti successi terapeutici abbia sulle malattie.
Sempre più persone esperte cercano di tornare alla concezione olistica della guarigione, alla connessione corpo anima che è il fondamento, la pietra angolare per una buona salute.
Questo post l'ho estrapolato da un testo di psicologia alchemica di Jung...
Questo post fa riflettere quanto siano porofonde nel passato le radici della psicosomatica.
...Soprattutto quanto un esponente importantissimo della tradizione Egizia come Ermete, il Tre Volte Grande, abbia lasciato l'importante insegnamento della frase: "Ideo fugiet a te omnis obscuritas" fulcro del post sovrastante.
Qui di seguito ho linkato il frutto di letture specifiche sull'argomento, argomento così scottante nelle conversazioni in quanto la società è abituata a pensare con ciò che il Sistema vuole, e il sistema vuole "forse" gonfiare le casse delle aziende farmaceutiche?
Come sempre, per chi vuole, buona lettura...
Nell'AniMo Antico

venerdì 3 aprile 2015

Il Lapis e l'Androginia di Cristo

rappresentazione cristiana comune di Gesù decisamente androgina
Il Lapis corrisponde pienamente all'idea psicologica del Sé che nasce dall'unione di coscienza e inconscio.
Il simbolismo cristiano presenta al contrario le nozze dell'Agnello (il Cristo dell'Apocalisse) con la sua sposa (Luna Ecclesia).
Poiché il Lapis è già di per sé androgino, dunque una sintesi di maschile e femminile, una nuova Coniunctio risulta superflua.
Esiste un'androginia simbolica del Cristo, che però, stranamente, non elimina le nozze dell'Agnello. Le due cose coesistono l'una accanto all'altra.
Esiste una certa divergenza tra il simbolismo alchemico-psicologico e quello cristiano.
In realtà è difficile immaginarsi che tipo di congiunzione possa essere intesa, oltre all'unione di coscienza (maschile) e inconscio (femminile), nella dominante rinnovata, se non si ammette, insieme alla tradizione dogmatica, che la nuova dominante apporti splendore anche al corpo mistico dell'umanità (l'Ecclesia in quanto Luna).
Negli alchimisti, che di preferenza erano dei solitari, manca il motivo delle nozze apocalittiche (Apocalisse 19. 7), che vengono designate come "nozze dell'Agnello", il che mette in evidenza la designazione come vittima dell'"Agnello".
Secondo la tradizione più antica e primitiva il re è infatti, nonostante la dignità e il potere che gli sono propri, una vittima offerta in sacrificio per la prosperità del suo paese e del suo popolo, e nella sua forma divina veniva persino mangiato.
Come è noto, questo archetipo ha conosciuto una suprema realizzazione proprio nel cristianesimo
Dal punto di vista del simbolismo cristiano, alla rappresentazione della  meta alchemica mancava anzitutto il motivo delle nozzi celesti, e in secondo luogo quello ancora più importante del sacrificio e del pasto totemico.
Il Lapis è espressamente un ideale ermetico riservato ai solitari. Senza dubbio rappresenta anche un alimento (cibus immortalis), può moltiplicarsi in maniera infinita, è altresì una creatura vivente, dotata di spirito, anima e corpo, un androgino dal corpo incorruttibile ecc..è come il tesoro sepolto in un campo, "che l'uomo trovò e tornò a nascondere" (Matteo 13. 44) oppure lo si potrebbe paragonare alla "perla unica e preziosa" per cui l'uomo ha abbandonato tutta la sua fortuna (13. 45).
Il Lapis è il segreto, prezioso e ben custodito dal singolo:
"Gesù dice: ovunque siano presenti due persone, esse non sono senza Dio; e ovunque sia presente uno da solo, vi dico, io sono con lui. Solleva la pietra, e là troverai me; spacca il legno, e lì sarò io." Papiri di Ossirinco (scoperto nel 1897).
Non si deve dimenticare che nell'antichità il cristianesimo subì influssi, derivanti evidentemente dalla dottrina gnostica dell'Uomo primigenio ermafrodito, influssi che hanno dato vita alla concezione secondo cui Adamo è stato creato androgino.
Poiché Adamo è il prototipo di Cristo ed Eva - che nasce dalla sua costola -, quello della Chiesa, si può compredere come la rappresentazione iconografica di Cristo abbia potuto presentare tratti espressamente femminili.
L'immagine di Cristo nell'arte sacra ha poi mantenuto sino ai giorni nostri tale carattere (com'è invece diversa l'immagine della Santa Sindone di Torino).
La velata androginia dell'immagine di Cristo corrisponde all'ermafroditismo del Lapis, che tuttavia sotto questo riguardo presenta maggiori e significative affinità con le concezioni gnostiche.
"Diviene qui visibile la nuova forma androgina dell'esistenza.
Il cristianesimo non è né maschile, né femminile, è androgino nel senso in cui il maschile e il femminile si unirono nell'anima di Gesù.
La tensione e il conflitto che oppone i due sessi si compongono in Gesù in un'unità androgina.
Questa è l'eredità che la Chiesa ha ricevuto da lui: essa è androgina".
La Chiesa è "ordinata secondo una gerarchia maschile, ma l'anima della Chiesa è femminile (...) Il sacerdote vergine (....) realizza nella sua anima l'unità androgina di maschile e femminile, rende nuovamente visibile la dimensione psichica, che Cristo stesso ci ha indicato per la prima volta allorché rivelò la 'verginità maschile' della sua anima"
Dalla Gnosis des Christentums (La gnosi del cristianesimo) di Georg Koepgen
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung


dalla Santa Sindone al presunto volto di Gesù

Vedi anche:
Il corpo glorioso e la Pietra Filosofale
Adamo ermafrodito

mercoledì 1 aprile 2015

Le otto incarnazioni del profeta


"Quando Adamo era in Paradiso, Dio gli inviò il santo angelo Razìel, che presiede ai segreti superiori, con un libro in cui era descritta la sacra scienza superiore.
In quel libro erano descritte, in seicentosettanta capitoli, settantadue specie di sapienza. Grazie a quel libro gli furono trasmesse millecinquecento chiavi della sapienza, che non erano note ad alcuno dei santi superiori e che erano rimaste segrete fino al momento in cui il libro giunse ad Adamo (...) Da allora in poi egli tenne segreto e nascosto quel libro, e usò quotidianamente quel tesoro del Signore che gli rivelava i segreti superiori, segreti dei quali non sapevano nulla neppure gli angeli più nobili, finché non venne cacciato dal Paradiso.
Ma quando egli peccò e infranse il comando del Signore, quel libro gli sfuggì (...) Lo trasmise a suo figlio Seth. Da quest'ultimo passò ad Enoch, e da questi (...) giunse fino ad Abramo."
Zôhar
Nelle Omelie di Clemente Romano (secondo secolo), Adamo compare come prima delle otto incarnazioni "del vero profeta", l'ultima delle quali è Cristo (la serie è composta da Adamo, Enoch, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè e Cristo)
Le fonti ebraiche narrano che Adamo s'intendeva di tutte le arti, inventò la scrittura e dagli angeli apprese a coltivare la terra e ogni altro mestiere, inclusa l'arte del fabbro.
In uno scritto dell'undicesimo secolo vengono menzionate trenta diverse specie di frutta che egli portò con sé dal Paradiso.
Rabbi Eliezer attribuisce ad Adamo la fabbricazione delle tavole su cui Dio incise in seguito la Legge.
Da questa stessa fonte deriva l'affermazione dell'alchimista Trevisano secondo cui Ermete Trismegisto avrebbe trovato nella valle di Ebron sette tavole di pietra, risalenti ad epoca antidiluviana, che contenevano la descrizione delle sette arti liberali, che Abramo pose lì dopo la cacciata dal Paradiso.
La serie delle otto incarnazioni del "vero profeta" è caratterizzata dalla posizione particolare dell'ottava, ossia Cristo.
L'ottavo profeta non è un semplice anello della serie; corrisponde al primo e rappresenta al tempo stesso un compimento del sette, significando l'ingresso di un nuovo ordine.
Mentre i sette formano una serie ininterrotta, il passaggio all'otto implica un'esitazione o un'incertezza ed è una ripetizione del fenomeno riscontrato nel tre e nel quattro [assioma di Maria(“L’Uno diventa Due, i Due Diventano Tre,e per mezzo del Terzo il Quarto compie l’Unità”)].
La serie taoista degli "otto immortali" rivela lo stesso fenomeno: ci sono sette grandi saggi o santi che abitano, immortali, in cielo o sulla terra; ma l'ottavo è una fanciulla che spazza i fiori caduti davanti alle porte del cielo.
In questo contesto viene in mente anche la Sophia, di cui Ireneo dice: "Chiamano la madre anche Ogdoade, e Sophia, Terra, Gerusalemme, Spirito Santo, e -al maschile- Signore.
Essa si trova "Ia di sotto e all'esterno del Pleroma".
La duplice natura di Adamo (Adamo ermafrodita) ricompare in Cristo: egli è allo stesso tempo sia maschile che femminile.
Là dove c'è il Verbo c'è anche la Vergine, poiché il Verbo è in lei. Essa è il "seme della donna" che "schiaccerà il capo al serpente" (Genesi 3.15).
In Boehme la "vergine" presenta anche la caratteristica di Anima, poiché essa è "data come compagna" all'anima stessa, e al contempo in quanto forza divina e "Sapienza" si trova in cielo e in Paradiso.
Essa esprime la profondità della divinità e la sua infinitezza, e corrisponde alla Sakti indiana.
Tratto da "Mysterium Coniunctionis" di C.G.Jung
Google+